Oltre 140mila società sono a rischio usura e riciclaggio, il doppio rispetto all’anno scorso. Lo ha messo in evidenza l’analisi di Cerved che mette in guardia dall’insediamento, sempre più profondo, della mafia nel tessuto economico.
Se si guarda alla provincia di Napoli, nella prima fase della pandemia 663 aziende hanno cambiato proprietario, circa il 2% del totale. In un momento di crisi, è facile pensare che ad acquistare siano stati alcuni boss. A Roma, tra fine febbraio e metà ottobre 2020, sono state cedute 1.265 attività, mentre a Catania 168. In entrambi i casi di tratta di circa l’1,8% delle attività complessive.
Come racconta Repubblica, tra i settori più colpiti, gli autonoleggi rimasti senza turisti (41 venduti su 1.432); le pompe di benzina (52 su 1.825), e ancora il settore della ristorazione dove 586 società su oltre 33mila hanno cambiato proprietà, alle quali se ne aggiungono oltre 500 dell’ingrosso alimentare.
“I dati indicano che le imprese sono passate di mano soprattutto nelle regioni e nei settori dove i fenomeni di infiltrazione mafiosa sono più comuni. La crisi economica seguita alla pandemia è terreno ideale per la criminalità, che grazie all’ampia disponibilità di liquidi può acquisire il controllo di società in difficoltà”, spiega l’amministratore delegato di Cerved, Andrea Mignanelli.
Anche Banca d’Italia conferma questo trend preoccupante: l’Unità di informazione finanziaria ha registrato un 10% in più di segnalazioni di operazione sospette.
L’obiettivo non è tanto quello di interessi usurai, ma di avviare attività in settori che prima non gli competevano, spiegano dalla Procura antimafia di Milano. Per permettere tutte queste operazioni, i boss ricorrono sempre più ai prestanome: professionisti che per mille euro al mese mettono a disposizione persone a cui affidare cariche societarie per far rilevare alle famiglie mafiose le attività senza, però, comparire.