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Con la pandemia dentro casa convivono il lavoro, la sanità e il commercio

Con la pandemia quattro miliardi di persone, distribuite lungo i cinque continenti, sono state confinate in casa, ma si sono riscoperte totalmente connesse. Il confinamento ha avuto molti risvolti sulla vita delle persone, da un punto di vista economico, sociale e culturale. C’è stato un boom dei lavori di ristrutturazione, sia per rispondere alle nuove esigenze dello smart working e, quindi, per avere un nuovo spazio da adibire a ufficio, ma anche per abbattere muri e creare degli spazi interni più fluidi e ampi.

Come racconta l’analisi di Repubblica, molti hanno realizzato saune, bagni turchi, palestre, rassegnati al fatto che per molto tempo questi spazi non li potremo frequentare. La casa è il nostro rifugio, ma può anche rivelarsi un portatore sano del virus, diventa essa stessa una micro-comunità.

Un’altra tendenza emersa è quella delle “15 minutes city”, ovvero quei quartieri in cui a disposizione tutto ciò che serve in un perimetro percorribile in massimo 15 minuti a piedi.

Da tutti questi trend nati con la pandemia, ne uscirà una fetta di popolazione che potrà permettersi la vita “smart” e una folla ben più ampia e più indebolita. Ma quello che è evidente è che, nolenti o volenti, dentro la casa, entrano e convivono ora tre dimensioni tipicamente urbane: la sanità, il commercio e il lavoro.

Redazione

 

 

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