L’Ipppr, il gruppo indipendente per la preparazione e la risposta alle pandemie, guidato dall’ex primo ministro neozelandese Helen Clark e dall’ex presidente liberiano Ellen Johnson Sirleaf, ha redatto il secondo rapporto provvisorio sulla gestione della pandemia e gli errori dell’Oms a ormai un anno di distanza.
Come racconta La Stampa che riassume i passaggi dello studio, sebbene i primi casi di contagio si fossero verificati a dicembre, è solo alla fine di quel mese che la Commissione sanitaria nazionale cinese annuncia un’epidemia di polmonite virale non correlata alla Sars, definendola sotto controllo, e senza prova di trasmissione da uomo a uomo.
L’Oms è avvertita solo il 3 gennaio 2020, con informazioni parziali e studi incompleti. L’Agenzia convoca il suo comitato di emergenza il 22 gennaio in cui parlano di un’epidemia “moderata” senza dichiararla “emergenza internazionale di sanità pubblica”. Lo fa solo venti giorni dopo con l’acronimo PHEIC, Public Health Emergency of International Concern, che comporta raccomandazioni e misure temporanee non vincolanti per i vari Paesi. E’ l’11 marzo, più di un mese dopo, quando l’Organizzazione mondiale della sanità dichiara la pandemia.
I ritardi dell’Organizzazione scatenano l’ira di Donald Trump che l’accusa di subire l’influenza della Cina, suo maggiore finanziatore. “La parola pandemia avrebbe dovuto comparire molto prima data la sua capacità di focalizzare l’attenzione sulla gravità di un evento sanitario”, si legge nel rapporto.
Secondo gli autori del documento, l’andamento dei contagi è stato sottostimato in tutto il mondo. Ogni paese ha mostrato un sistema sanitario debole e poco preparato. Da qui la necessità, secondo loro, di riformare l’Oms, che deve mostrare una forte autorità ed essere capace di investimenti per assistere la sanità pubblica. L’Agenzia deve saper essere il leader mondiale nella Sanità, superando le tensioni geo-politiche.
