“La morte girava ovunque”, lo afferma Gulbahar Haitiwaji nel suo libro in cui racconta la prigionia nei campi di rieducazione nella regione cinese dello Xinjiang. Ha passato due anni e nove mesi nel campo dove gli altri uiguri come lei vengono sottoposti a lavori forzati.
Gli uiguri sono una minoranza musulmana e turcofona, uno dei 56 gruppi etnici riconosciuti dal Partito comunista cinese, che però ha cominciato dal 2017, secondo varie inchieste giornalistiche, a portare queste persone in dei veri e propri gulag, come racconta Repubblica.
L’autrice racconta i soprusi subiti: ogni mattina una donna entra nella stanza di circa 50 metri quadri dove sono ammassate oltre 40 persone e fa ripetere come un mantra “Grazie al nostro grande Paese. Grazie al nostro partito. Grazie al nostro caro presidente Xi Jinping”. La scena si ripete la sera, con un’altra versione: “Che il mio grande Paese si sviluppi e abbia un grande futuro. Che tutte le etnie formino un’unica e grande nazione. Che il presidente goda di buona salute. Lunga vita al presidente”.
Fa parte del lavaggio del cervello che subiscono gli uiguri, che devono rinnegare le loro origini e addirittura chiedere perdono per la loro etnia. Arrivano a disconoscere le loro famiglie, i loro mariti e a considerare i loro antenati dei terroristi.
Alle donne vengono rasati tutti i capelli e viene iniettato un siero per sterilizzarle: non possono riprodursi e l’etnia deve finire. Questo è l’atroce racconto di chi in quei campi ci ha passato oltre 24 mesi e che grazie all’aiuto della figlia che vive in Francia è riuscita a scappare.
Uomini e donne ammassati, privati della libertà e trattati come animali: non più persone, ma solo ombre. La triste realtà dei gulag francesi.