Il 5 giugno una circolare del ministero della Salute stabiliva che la campagna di vaccinazione antinfluenzale doveva cominciare all’inizio di ottobre per evitare l’accavallamento con la nuova ondata di casi Covid.
L’obiettivo era quello di evitare che i pazienti affetti da una semplice influenza potessero occupare tutti gli ospedali pensando di avere sintomi del Coronavirus. L’intento nella teoria era buono, ma nella pratica non è stato raggiunto.
Ci sono ritardi nelle consegne delle dosi, in altri casi le regioni le hanno ordinate troppo tardi, solo in estate. Le fiale del vaccino della Sanofi si sono poi bloccate per ulteriori controlli, la Fondazione Gimbe parla di quantitativi di dosi ordinate insufficienti a garantire la copertura minima del 75% della popolazione a rischio.
In Lombardia, gli ordini sono partiti tardi ed è stato sbagliato un bando con cui sono andate perse 1,4 milioni di dosi, i medici di base che hanno ricevuto le fiale, non avevano però gli aghi con cui somministrare il vaccino, a Bergamo su 55 medici che avevano richiesto le dosi, solo in 7 le hanno ricevute.
In Piemonte le dosi di vaccino somministrate sono solo 650mila rispetto al milione e 200mila di quelle acquistate, con una copertura solo di un quarto dei cittadini a rischio. Nel Lazio Pier Luigi Bartoletti, vicepresidente dell’Ordine dei medici di Roma, afferma a La Stampa che tutti i medici di famiglia sono senza dosi di vaccino, a causa dei ritardi delle consegne da parte delle aziende.
Situazione comune è quella delle farmacie: rispetto alle 900 mila dosi che avevano ricevuto lo scorso anno, per questa volta sono state consegnate solo 250 mila fiale.