“La movida non c’entra, la ripresa dei contagi coincide con la ripresa della scuola, non della discoteca – dice Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive all’Ospedale San Martino di Genova, in esclusiva a LaChirico.it – La colpa è del virus che circola, la colpa non è dell’estate come ha detto Nicola Zingaretti. I politici dovrebbero parlare di politica e non sostituirsi agli scienziati”.
La chief medical officer del governo canadese, Theresa Tam, ha consigliato di fare sesso con la mascherina ed evitando i baci. “Quando ho visto le raccomandazioni canadesi mi sono messo a ridere ma anche depresso perché non ha citato la parola ‘preservativo’. Noi abbiamo lavorato negli ultimi trent’anni per insegnare l’uso del preservativo, ora ci dicono che possiamo fare sesso senza preservativo purché si tenga la mascherina. Fare l’amore fa bene, fa bene all’amore e alla psiche, bisogna praticarlo ancora più di prima, col partner occasionale bisogna fare quello che si è sempre fatto: usare il preservativo per proteggersi da malattie ancora più gravi”.
C’è il tema dell’accesso alle cure per i pazienti NoCovid: si registra un vistoso calo di screening e interventi chirurgici con il rischio che una ridotta diagnostica provochi un aumento nella mortalità dei pazienti. “Viviamo in un Paese barbaro, pochi giorni fa ho perso mia madre: ho potuto assisterla fino al momento della morte ma ho pensato a tutte quelle persone che non possono vedere i propri cari o ai pazienti che sono in Rsa isolati dal resto del mondo. Noi avremmo dovuto creare le condizioni perché i Covid negativi si potessero visitare, che ci fosse accesso agli obitori, anche per i Covid positivi bisognava trovare il modo di renderli visitabili. Continuare a fare morire le persone da sole è scandaloso, oggi siamo nel paradosso che le persone vorrebbero avere il Covid perché così hanno il posto letto agevolato, se non hai il Covid sei uno sfigato. Sono bloccate le lezioni, gli interventi fatti per diagnostica sono fermi, bisogna prestare molta attenzione: per correre dietro a una malattia con letalità sotto lo 0,5 percento ci stiamo dimenticando di tutto il resto. Oggi tutti giocano allo scaricabarile tra governo nazionale e regioni ma la verità è che è mancata la regia centrale”.
Nel libro fresco di pubblicazione, “La lezione da non dimenticare” (scritto con Martina Maltagliati, edito da Cairo ed.), la parola chiave è “convivenza” con il virus. “Credo che non abbiamo imparato a convivere con virus, per questo siamo messi così, la gente è nel panico, a Napoli c’è il mercato nero delle bottiglie di ossigeno, non è questo il giusto messaggio da dare alla gente, anche qualche mio collega ha amato fare questo tipo di comunicazione e ora se ne pagano le conseguenze”. Con un Rt calato da 1,7 a 1,4, quando raggiungeremo il picco per sperare in un allentamento delle misure? “Il picco potrebbe giungere molto presto, difficile dirlo in senso assoluto, dipende dalle varie regioni, nel giro di una decina di giorni penso che potremo raggiungere il picco, quello che conta è il numero di ospedalizzazione. Nella mia città vedo già i primi risultati, i ricoveri sono in calo, sono dei segnali iniziali ma non si possono rifare gli errori del passato”.
E’ vero che lei vuole fare politica? “Se avessi voluto fare politica, avrei potuto farla più di chiunque altro. La cosa che so far meglio è il medico e professore universitario dunque continuo a fare questo”. Lei ha raccontato di aver votato in passato per Matteo Renzi e in Liguria per Giovanni Toti. “E’ vero, io non bado a destra o a sinistra, guardo alle persone”. Lei dunque è un moderato? Come si definirebbe? “Io sono un liberale. La mia famiglia leggeva il Giornale di Indro Montanelli, vengo una famiglia liberale, questa è la definizione che mette tante cose insieme, né destra né sinistra”. Le piace Matteo Salvini? “Salvini dice cose di buon senso, lo stimo. In generale, preferisco non esprimere giudizi politici, stimo tanti anche politici di altri schieramenti”. Qualche nome? “Per esempio, il sottosegretario Pierpaolo Sileri, ma anche Sandra Zampa, anche il ministro Boccia. Zingaretti no, non ci vado proprio d’accordo”.
Lei sostiene che i test andrebbero fatti soltanto ai sintomatici, l’esatto opposto di quando dice il virologo Andrea Crisanti. Che lei non sopporta, lo ammetta. “Crisanti non è un medico, io sono un medico. Io indosso il camice bianco perché vado in corsia, visito i pazienti, decido le terapie. Crisanti non lo ha mai fatto, ha sempre e solo studiato sui libri e in laboratorio, può parlare di medicina di laboratorio ma parlare di pazienti presuppone averli gestiti”.
Il premier Giuseppe Conte ha detto di pensare al Natale come a un momento di “raccoglimento spirituale” limitando lo shopping. “Non sono d’accordo, in un anno come questo, devastato dal punto di vista economico, se i commercianti perdessero la fetta del Natale, vorrebbe dire chiudere definitivamente, loro diventerebbero dei disoccupati, bisognerebbe dire che non ci sono problemi ad andare a fare shopping se si rispettano le misure. Qualche mio collega sessantottino ha detto di fare shopping online, e io lo trovo gravissimo in generale ma se lo dice un medico ancora più grave. Il nostro compito è dire come curiamo i malati, quanti ne abbiamo, quali sono le cure e le curve di crescita, le decisioni politiche non dipendono da noi, ma esclusivamente dal mondo politico. Questo continuare a scaricare le decisioni denota una pochezza e un non voler prendere le decisioni. Solo da noi le decisioni le hanno prese i tecnici e non i politici”.
L’infettivologo Usa Anthony Fauci ha detto, pochi giorni fa, che gli Usa non potrebbero permettersi un altro lockdown a causa delle conseguenze economiche e psicologiche. “Sono sempre stato molto vicino ad Anthony Fauci anche quando in Italia nessuno lo conosceva, noi non possiamo permetterci un altro lockdown, mi sembra talmente evidente, c’è ancora qualche mio collega ottuso che è convinto che un lockdown generalizzato possa servire. Passato il momento in cui abbiamo stretto la cinghia, la prima cosa da far ripartire è l’attività fisica e sportiva”.
Come passa le sue serate casalinghe? “Le passo spesso in collegamento televisivo oppure guardando un film con cena tardiva, visto che torno tardi dall’ospedale. Ho ricevuto attacchi personali, a mia moglie e ai miei figli, ho dovuto chiudere i loro profili social. L’Italia è un paese di ingrati, tanta gente non si è meritata tutto quello che ho fatto. Io ho la possibilità di muovermi dal mio paese, di andare altrove, ho ancora tanti anni davanti”. Ma con chi ce l’ha? “Ce l’ho con chi di mestiere attacca il prossimo. Nelle ultime due settimane ho visto la parte più brutta dell’Italia ma anche quella bellissima, tante persone mi scrivono e mi spronano ad andare avanti, sento che il popolo è con me, molto di più di quanto non lo siano alcuni colleghi medici. La cosa impressionante è la quantità di persone che dicono che sono dalla mia parte, questa parte bella mi fa molto riflettere, per queste persone sarebbe brutto andarsene”.
Di fronte a una terza ondata, che cosa dovremmo fare? “La prima cosa da fare è non avere paura, la paura è la peggiore consigliera, genera ansia e l’ansia genera panico, quando c’è panico c’è confusione, e quando c’è confusione le cose non vanno bene. Bisogna spiegare alle persone che cosa succede se ti viene il Covid, cioè assolutamente niente nel 95 percento percento dei casi, nel restante 5 percento bisogna seguire protocolli chiari per curare chi sta male ma può restare a casa; chi invece ha bisogno di essere curato in ospedale va curato in ospedale senza differenze tra nord e sud. Servono protocolli su tempi e strutture extraospedaliere, serve una regia centrale che funzioni in modo efficace. Dobbiamo imparare a convivere con il virus, quindi conoscerlo, senza alimentare una comunicazione ignorante sostenendo, per esempio, l’idea dello stigma associato alla persona affetta da Covid”.
La scienziata Ilaria Capua, in tv, ha raccontato di non uscire di casa da mesi perché, qualora si ammalasse, ne avrebbe un danno anche di immagine. “Io trovo che siano affermazioni assurde. Quello che pensiamo come privati cittadini deve essere distinto da quello che diciamo come persone pubbliche: siamo dei medici, degli scienziati, e i cittadini tendono a fidarsi, a dare ascolto. Ammalarsi non è uno stigma né un segno di debolezza o qualcosa di cui vergognarsi. Quando dei colleghi dicono che hanno paura di uscire di casa è perché non devono andare a curare le persone. Io neanche mi pongo il tema perché so che devo uscire di casa per andare in corsia. E poi mi domando: non uscire di casa è forse un modo di convivere con il virus?”.