La “guerra dei dazi” tra Stati Uniti ed Unione Europea avrebbe importanti ripercussioni sul sistema delle imprese del terziario, ma ancora più preoccupante in questa fase è la situazione di incertezza legata agli annunci e alla minaccia dei dazi stessi: le imprese, per pianificare forniture e consegne e, quindi, gestire la propria catena del valore, hanno bisogno di condizioni stabili nel tempo. Lo rileva Aice, l’Associazione Italiana Commercio Estero Confcommercio, alla luce degli ultimi dati sull’interscambio e il sentiment emerso dall’indagine di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza che ha coinvolto oltre 400 imprese. (Repubblica)
Nel 2024, come ha certificato l’Istat, l’export italiano ha registrato un lieve calo in valore (-0,4%) con dinamiche contrapposte (-1,9% export verso UE, + 1,2% export verso extra UE): un dato che sarebbe stato positivo (+0,3%) al netto dei prodotti energetici. In questo contesto, diminuisce l’export verso i due mercati principali per il Made in Italy: Germania e Stati Uniti (per entrambi i Paesi -3,7%).
“I dazi all’import negli Stati Uniti non sono una novità, c’erano anche prima dell’Amministrazione Trump. Gli Usa, infatti, sono tra le cinque economie più protezionistiche al mondo, in buona compagnia di Russia, Cina, India e Brasile – spiega Riccardo Garosci, presidente di Aice e vicepresidente Confcommercio e Confcommercio MiLoMB per l’internazionalizzazione – E non parliamo solo di barriere tariffarie, ma anche di ostacoli non tariffari che, molto spesso, pesano sull’esportazione di un prodotto più dei dazi. Basti pensare alle difficoltà burocratiche che si devono affrontare per vendere prodotti agroalimentari. Ciò che in questa fase è più preoccupante è la costante situazione di incertezza che gli annunci minacciosi d’Oltreoceano hanno sulle imprese”.
“L’introduzione di dazi indiscriminati su tutti i prodotti e verso tutti i Paesi avrebbe comunque come effetto certo – rileva Garosci – l’aumento dell’inflazione anche per il consumatore americano. E’ importante che le nostre imprese monitorino anche l’introduzione di dazi tra i vari Paesi anche se non riguardano direttamente l’Europa o l’Italia. L’introduzione di dazi per il Messico o il Canada, ad esempio, colpirebbe le aziende italiane che hanno produzioni in quei Paesi o che forniscono di beni intermedi aziende localizzate in quei Paesi per essere vicine al mercato statunitense. Ed è bene ragionare con attenzione anche su un ulteriore aspetto: oltre ai comparti principali del Made in Italy, dazi imposti ad altri settori che vedono le imprese italiane parte della catena del valore, possono provocare danni alla nostra economia”.