Auto elettriche in affanno e fabbriche che chiudono (anche quelle tabù tedesche), le multe Ue per il superamento dei limiti di CO2 nel 2025 e i cinesi che vogliono dilagare in Europa. E sull’auto si abbatte una tempesta perfetta. Un’altra, forse quella più intensa e pericolosa capace di stravolgere la geografia dell’industria ben più della crisi epocale degli anni scorsi generato dal triplo combinato disposto di pandemia, guerra e chip shortage. (Sole 24 Ore)
Ora, l’industria dell’auto, partita lancia in resta verso la rivoluzione dell’auto elettrica con raffiche di annunci su improbabili all-in verso le macchine a batteria per far felici gli analisti di borsa (gli stessi che si bevono le bufale sulla guida tutta autonoma), si scontrano con la dura realtà: le vetture a ioni di litio, imposte nei fatti dalla Ue, non convincono i clienti. E il cliente è sovrano: se non è convinto non compra. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: vendite in picchiata (i dati Jato indicano cali a doppia cifra fino a superare un – 30%), modelli che non decollano in un’ipertrofia di offerta molo tedesca incapace di competere efficacemente con Tesla, che alla fine è la scelta numero uno, senza se e senza, se si vuole un’auto a pile.
L’auto elettrica quindi non decolla, è in stand by sulla pista e nonostante la conferma degli obiettivi UE di vendere solo veicoli a zero emissioni dal 2035, a settembre si ha avuto l’ennesima conferma con solo il 14% in Europa e il 4% in Italia. “I motivi – spiega Dario Duse, Responsabile Emea del team Automotive e Country Leader Italia di AlixPartners – sono molteplici: l’autonomia percepita, i costi di ricarica elevati, soprattutto in paesi come l’Italia, l’inadeguatezza delle infrastrutture di ricarica, l’incertezza sui valori residui, e i prezzi d’acquisto sempre più alti, che penalizzano le vendite anche dei veicoli non elettrici. Siamo davvero ancora lontani da una diffusione di massa dell’elettrico”.
Viene da chiedersi una volta di più come è stato possibile arrivare a questo punto, una situazione dove vacillano teutoniche certezze e ci si chiede quale gruppo (Stellantis o Volkswagen) farà la fine di Nokia che più di 15 anni fa non resistette all’onda d’urto della rivoluzione del touch. E di fronte alla Waterloo di volumi e profit warning, il mondo dell’automotive si interroga anche sulla capacità di molti manager che hanno deciso line-up invendibili, modelli assurdi e senza alcuna speranza di avere successo (il piccolo caso di Abarth 500e è emblematico, insieme a quello di Audi Q8 e-tron le cui vendite irrisorie hanno portato alla chiusura dello stabilimento di Bruxelles).