Partendo da una capacità stimata di 83 GW installati nel 2025, entro il 2050 dovranno essere rinnovati in Italia 73,8 GW con un costo ipotizzato di 48,3 miliardi di euro, destinati soprattutto a fotovoltaico e idroelettrico: emerge dallo studio “Net Zero: la sfida e il potenziale delle energie rinnovabili al 2050”, presentato oggi a Milano al workshop “Net Zero Economy al 2050: miraggio o realtà?” organizzato dalla società di ricerca Agici nell’edizione 2024 dell’Osservatorio internazionale rinnovabili alla presenza dei principali player del settore. (Sole 24 Ore)
«È una tema molto rilevante sia dal punto di vista degli operatori che dei finanziatori», ragiona l’ad di Agici Marco Carta. Dall’analisi emerge come il 70% degli impianti idroelettrici sia antecedente al 1980, mentre due terzi degli impianti eolici e fotovoltaici risalgano agli anni 2007-2014. Il che si traduce in investimenti per l’idroelettrico nel breve periodo, mentre solare ed eolico «nel solo triennio 2035-2037 potrebbero richiedere fino a un terzo della spesa complessiva considerata», si legge nello studio, che ha escluso il valore degli impianti rifatti tramite incentivazione, e quelli di termovalorizzazione.
«Quando si parla di transizione energetica e di innovazione, è necessario tenere a mente che alla base del processo vi sono degli impianti soggetti naturalmente a obsolescenza. Non è sufficiente investire in una capacità rinnovabile per arrivare ad una net zero society, ma è necessario pianificare e anticipare ad oggi i costi di manutenzione e rinnovo di domani. Al nostro Paese è richiesta una grande lungimiranza per supportare gli operatori nel sostenimento dei costi e garantire, con policy adeguate, una corretta manutenzione degli impianti». aggiunge Anna Pupino, coordinatrice dell’Osservatorio sulle rinnovabili.
Gli investimenti nell’idroelettrico si scontrano con lo stallo delle concessioni scadute, sentito da tutti gli operatori, vista la decisione dell’Italia, unica in Europa, di procedere con riassegnazioni tramite gara, pur tra stop e ricorsi. «Lo sblocco consentirebbe di mobilitare tra i 10 e i 15 miliardi di euro nei prossimi dieci anni. Gli operatori delle rinnovabili sono pronti a investire sull’intera filiera nazionale sostenendo impianti utility scale per incrementare la produzione, potenziare la rete e sviluppare lo storage. Per farlo è necessario modificare l’attuale quadro normativo che impedisce lo sviluppo dei nuovi impianti ma anche i revamping. È fondamentale lavorare nella semplificazione delle procedure e del permitting per evitare che gli operatori continuino ad essere penalizzati dalla legislazione italiana, sfavorevole rispetto a quella degli altri Paesi europei», commenta Giuseppe Argirò, ad di Cva.