“Il made in Italy è forse il simbolo mondiale più importante del concetto di soft power, la sua applicazione concreta. Vi sono due filiere particolari che esprimono al meglio tutto ciò: quella del turismo è quella delle industrie creative”. Lo ha detto il ministro delle Imprese e il Made in Italia Adolfo Urso nel suo videomessaggio alla quinta conferenza sul Soft Power, organizzata dal Soft Power Club, l’associazione internazionale fondata e presieduta da Francesco Rutelli. (La Stampa)
“Il turismo ha una rilevanza importante nel sistema economico italiano – ha aggiunto – con tre milioni di occupati che equivalgono al 12,7% del totale nel nostro Paese. Sta sviluppando una crescente integrazione con altri settori produttivi e una maggiore esternalizzazione di alcuni servizi. Il turismo visto dalla prospettiva del soft Power spinge alla creazione e valorizzazione di un ‘brand territoriale Italia’. Una vera e propria marca Italia che affermi la qualità e sfuggendo alla tentazione low cost e dell’overturismo punti ad agganciarsi alle tematiche ambientali, alla sostenibilità, alla digitalizzazione e all’adeguatezza del sistema dei trasporti”.
“L’altra importante dimensione del soft Power italiano è rappresentato dall’industria creativa – ha proseguito il Ministro – che ha vissuto un’evoluzione notevole negli ultimi anni, trainata principalmente dalla trasformazione digitale. A oggi l’Italia conta oltre 290.000 imprese, con un valore aggiunto di 37 miliardi di euro e un fatturato di poco inferiore ai 90 miliardi”. “Numeri significativi – ha sottolineato – ma ancora distanti da quelli di paesi come Germania, Spagna, Francia, Paesi Bassi. Per colmare questo divario l’Italia si sta muovendo sul piano legislativo a sostegno dell’industria rafforzandola sul piano regionale e valorizzandola rispetto alle altre attività della nicchia”. “Qui sarà fondamentale – ha concluso il ministro Urso – connettere le industrie creative con quella del turismo e riconoscere l’interazione tra il settore organizzazioni no profit nel promuovere il mercato della cultura”.