La crisi demografica, che ormai ha assunto la fisionomia di “glaciazione” – non più solo “inverno” quindi, perché al momento non c’è in vista una “primavera” – ridurrà il numero degli occupati nel Nord Italia di 2,4 milioni entro il 2040, passando da 27,4 milioni del 2023 a 25,1 milioni, in assenza di apporti esterni. La quarta nota della Fondazione Nord Est sugli effetti della demografia su economia e mercato del lavoro nel Nord afferma che «le contromosse dell’attrazione dei giovani, della più alta occupazione femminile e dell’allungamento della vita lavorativa non basteranno a compensare il calo. E nemmeno saranno sufficienti gli afflussi dal resto d’Italia, che tenderanno a ridursi perché anche là opera la riduzione delle nascite». (Sole 24 Ore)
Secondo le stime della Fondazione occorrerà quasi un milione di lavoratori stranieri aggiuntivi; con le loro famiglie assommano a due milioni di persone estere in più rispetto a quelle presenti ora.
In particolare – osserva la nota – nel Nord Italia entro il 2040 la riduzione dei NEET (i giovani di 15-29 anni che non studiano né lavorano) apporta 155mila occupati, il pieno impiego delle giovani circa 282mila, l’allungamento della vita lavorativa almeno 833mila; così dall’estero occorrono 0,8-1,1 milioni di addetti in più: Lombardia e Veneto sono le regioni che dovranno accogliere più stranieri.
Il calo di popolazione sarà di 1,4 milioni nel Nord-ovest e di 939mila nel Nord-est. Con forti differenze tra le variazioni percentuali nelle regioni settentrionali: meglio andranno Alto Adige, Trentino e Lombardia; peggio Liguria, Friuli-Venezia Giulia e Piemonte. E queste – si precisa – sono previsioni ottimistiche, perché incorporano la ripresa delle nascite. Senza questa, che vale 385mila nati in più nei prossimi 17 anni, il calo demografico supererebbe i 2,7 milioni.
Le persone in età di lavoro nel Nord Italia diminuiscono tra il 2023 e il 2040 di 3,2 milioni, da 16 milioni a 12,8 (sempre in assenza di rinforzi da fuori). È una diminuzione di un quinto, con dinamiche simili tra regioni, con eccezioni in positivo (Alto Adige e Trentino) e in negativo (Friuli-Venezia Giulia e Liguria). Le regioni che dovranno accogliere più immigrati sono Lombardia (528mila), Veneto (455mila), Piemonte (372mila) ed Emilia-Romagna (206mila). Il Veneto è penalizzato dai minori afflussi previsti dalle altre regioni d’Italia. All’opposto, l’Emilia-Romagna ha la più alta attrattività dal resto del Paese e, quindi, deve accoglierne meno in rapporto alla popolazione. Ma un dato è comunque chiaro: nessuna regione può farne a meno se non vuole perdere pezzi della sua economia.