Economia

Bancari: il lavoro flessibile si fa largo in filiale da Bnl a Intesa Sanpaolo

Bnl Bnp Paribas rivoluziona l’organizzazione del lavoro della rete e porta il lavoro flessibile un giorno alla settimana in 400 filiali. L’istituto ha infatti sottoscritto con i sindacati un accordo per estendere la possibilità di effettuare il flexible working anche a chi riveste ruoli commerciali nella rete. «Siamo molto soddisfatti di aver sottoscritto questo accordo con i sindacati – spiega Géraldine Conti, chief people and engagement di Bnl Bnp Paribas. È un’iniziativa che, partendo dall’ascolto delle nostre persone, rientra nella costante volontà di adattarsi ed anticipare le trasformazioni in atto nel settore, migliorando la soddisfazione dei colleghi e anche dei clienti». L’intesa, operativa da settembre, coinvolgerà i bancari di circa 400 filiali, oltre il 70% della rete commerciale. L’intervento interesserà oltre il 75% delle persone della rete che potranno usufruire di un giorno a settimana di flexible working. Si tratta di una scelta che, anche seguendo l’evoluzione dei comportamenti della clientela, va nell’ottica dello sviluppo della digitalizzazione e di una conseguente organizzazione del lavoro che consenta una migliore sostenibilità sociale, economica ed ambientale, favorendo sempre di più la migliore conciliazione tra tempi di lavoro e vita personale. (Sole 24 Ore)

Il credito è stato tra i primi settori a dotarsi di un protocollo nazionale sullo smart working che è poi entrato a fare parte del contratto collettivo nazionale di lavoro dei bancari. Il protocollo venne condiviso da Abi e dai sindacati (Fabi, First, Fisac, Uilca e Unisin) poco prima che scoppiasse la pandemia e inserito nel contratto di fine 2019. Allora, pur essendoci molte banche che già stavano sperimentando questa modalità di lavoro, si rivelò un punto di riferimento fondamentale per il settore, soprattutto per chi non aveva ancora accordi sindacali. Come accade spesso quando si parla di organizzazione del lavoro, però, c’è sempre un “però”. In questo caso il “però” sta nel fatto che se è vero che tutti, o quasi, i bancari che lavorano nei centri direzionali possono fare smart working, lo è anche che nelle filiali è molto più difficile per le esigenze di apertura fisica degli sportelli e della relazione con la clientela. Dal post pandemia in poi, l’abilitazione possono richiederla tutti, ma lo strumento non è più così diffuso e sicuramente non ci sono molti accordi sindacali che sanciscono il diritto a esigerlo. Eppure è molto apprezzato.

Una survey che è stata fatta da Intesa Sanpaolo sul pacchetto flessibilità che comprende lo smart working ma anche la settimana corta e la flessibilità di orario in ingresso e in uscita, ha fatto emergere che lo smart working lo vogliono tutti o quasi: il 95% dei lavoratori ha espresso una valutazione positiva, ma la percezione tra chi lavora nei centri direzionali e nelle filiali è apparsa diversa: più positiva per i primi, meno per i secondi, anche per la possibilità concreta di farlo. Il 33% di chi non svolge la propria attività in modalità flessibile lo motiva principalmente dicendo che l’organizzazione della struttura in cui opera non lo consente, le attività che svolge sono incompatibili con le attività da remoto e infine con il fatto che c’è maggior coinvolgimento con la presenza in ufficio.

Un anno fa la prima banca a siglare un accordo sindacale di sperimentazione in 280 filiali fu Intesa Sanpaolo che diede così ai bancari il diritto a fruire dello smart working con conseguente possibilità di fruizione delle persone.

Redazione

 

 

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