Alla fine di gennaio una giudice del Delaware, Kathaleen St. Jude McCormick, aveva deciso che il pacchetto di compensi proposto da Tesla per Elon Musk non era accettabile. Non solo e forse non tanto perché quel piano di retribuzione del fondatore e amministratore delegato dell’azienda di auto elettriche e pannelli solari – potenzialmente, 56 miliardi di dollari su dieci anni – vale da solo più del prodotto interno lordo di 123 Paesi della Terra o perché servirebbero 1.774 anni per spenderlo tutto al ritmo di un dollaro al secondo o sessanta dollari l’ora. (Corriere)
Il motivo fondamentale, aveva notato la giudice del Delaware, è che il consiglio d’amministrazione di Tesla che ha proposto il pacchetto per Musk all’assemblea non è realmente indipendente da Musk stesso. Forse è per questo che l’azienda e il suo amministratore delegato sono corsi ai ripari: invece di rispettare la sentenza del Delaware, dove Tesla aveva la sua sede legale, hanno spostato la sede legale in Texas e riproposto lo stesso pacchetto da 56 miliardi di dollari per Elon Musk. Lì il fondatore dovrebbe essere al riparo della causa dell’azionista che aveva firmato il ricorso.
Poi ci sono altri dettagli. Uno di questi è che proprio nei giorni scorsi, mentre la proposta della paga per Musk veniva confermata, lui stesso ha scritto a tutti i dipendenti annunciando un taglio di più del 10% dei posti di lavoro. Del resto era prevedibile: nel primo trimestre Tesla ha venduto solo 386.810 veicoli, molto al di sotto di quanto sarebbe necessario per avvicinare i livelli di fatturato dell’anno scorso. La gamma dei modelli sta invecchiando e la dinamica di vendite di auto elettriche sta rallentando. Il titolo di Tesla è giù del 38,5% dall’inizio dell’anno e l’azienda ha iniziato a vendere modelli nuovi a sconto. Ma certe cose, secondo il profeta del cambiamento continuo Elon Musk, non cambiano mai. La sua paga è fra queste.