Dure le affermazioni del microbiologo Andrea Crisanti nei confronti del Governo che ha ignorato il suo piano operativo per la gestione dell’emergenza Covid-19. Solo qualche mese fa aveva presentato un progetto per aumentare, addirittura triplicare, i tamponi giornalieri, ma nessuno gli ha dato ascolto.
Il record di ieri di 125 mila tamponi, 25 mila in più rispetto al giorno prima, “è solo acqua fresca”, dice al Corriere della Sera. Il suo piano prevedeva, infatti, un investimento sostanziale da realizzare in 2, massimo 3 mesi, con 400 mila tamponi al giorno, a cui affiancare aree mobili di supporto sul territorio e tamponi low cost da 2 euro, come quelli usati a Padova, dove dirige il Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università.
“Pensare che fosse tutto finito perché avevamo 100 casi al giorno è stata un’illusione e nel frattempo non si è fatto nulla”, afferma il medico. Con l’inizio delle scuole e la ripresa delle attività lavorative, era scontato, secondo Crisanti, che ci fosse un aumento del contagio. Non ci si può soffermare solo sul contact tracing, che definisce opere di investigazione che il sistema sanitario non può reggere.
Suggerisce di utilizzare i tamponi con il giusto obiettivo: per impedire che un potenziale contagiato entri nella comunità (necessario il tampone Pcr), per verificare se c’è trasmissione nel gruppo (sufficiente il tampone rapido) o per una sorveglianza attiva di un positivo e dunque per isolare dalla comunità le persone che possono averlo contagiato o che può aver infettato.
È suo il “modello Veneto”, uno screening a tappeto della regione, con cui si è riusciti a contenere la prima forte ondata di Covid. Ma ora siamo davanti ad una disorganizzazione totale. Secondo Crisanti, la gestione dell’emergenza non può essere affidata alla singole regioni che procedono in maniera discorde, ma deve essere coordinata dall’alto con test certificati dallo Stato.