L’inflazione entra nei Contratti collettivi nazionali. Con i prezzi ancora alti, il dato tendenziale è stato +1,3% a marzo, si adeguano anche le richieste dei sindacati in termini di contrattazione. Un fenomeno evidente se si guarda agli ultimi rinnovi contrattuali per i principali settori: dai servizi finanziari al commercio. Le sigle dei diversi comparti hanno infatti ottenuto incrementi salariali adeguati al caro-vita per compensare i redditi dei lavoratori erosi dall’aumento dei prezzi. (Corriere)
Ma quali sono i settori in cui la contrattazione ha cercato di recuperare gli effetti dell’inflazione? E in che misura? Oltre ai 435 euro per i bancari che rappresentano un record (ottenuto facendo leva anche sulla questione dei maxi-profitti delle banche) si segnalano i 280 euro per gli addetti dell’alimentare e il recente accordo per il commercio, che prevede aumenti fino a 240 euro.
A tracciare la via era già stato il contratto 2016 dei metalmeccanici siglato tra Federmeccanica, Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm che ha introdotto l’adeguamento degli aumenti contrattuali all’inflazione (al netto dei beni energetici). Un’impostazione che dovrebbe venir confermata anche nel nuovo contratto per le tute blu in cui si prevede un aumento della retribuzione di 280 euro, l’orario di lavoro ridotto a 35 ore, più flessibilità e conciliazione dei tempi vita-lavoro. Questi sono infatti i capisaldi dell’ipotesi di piattaforma proposta da Fiom Cgil e Fim Cisl per il periodo che andrà dal 1° luglio 2024 al 30 giugno 2027. Non tutti i contratti rinnovati quest’anno hanno scelto di agganciare l’aumento all’inflazione ma è evidente lo sforzo sindacale nel voler strappare aumenti corposi da portare nelle tasche dei lavoratori in tempi brevi.
Per completare il quadro va detto che restano ancora molti i comparti con contratti scaduti. Secondo l’Istat i contratti in attesa di rinnovo a fine dicembre 2023 erano 29. Ovvero 6,5 milioni di dipendenti, il 52,4% del totale, con contratti non aggiornati rispetto alla corsa dell’inflazione. Si pensi solo al Ccnl Scuola 2022-2024 non ancora nato o al Contratto nazionale della Distribuzione Moderna scaduto nel 2019. Un vuoto contrattuale che ha portato la catena di supermercati Lidl ad uscire recentemente da Federdistribuzione.