Claudio Descalzi, dal 2014 a capo dell’Eni, ha ricevuto a Washington il Distinguished Business international award dell’Atlantic Council: un riconoscimento che arriva per la trasformazione tecnologica dell’azienda orientata alla completa decarbonizzazione, all’indomani degli importanti accordi firmati dall’Italia con Algeria, Egitto Congo e Angola.
Di ritorno, ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera, sulla situazione energetica in Europa. Secondo Descalzi, già da prima della guerra: “Eravamo nel mezzo di una crisi dei prezzi del gas derivante dalla drastica riduzione degli investimenti nella ricerca e sviluppo di idrocarburi e da una conseguente carenza d’offerta a fronte del rimbalzo economico del post Covid”.
E con la guerra: “La crisi si è accentuata, con una volatilità e picchi di prezzo che peraltro non riflettono i flussi reali del mercato. Oggi la Russia esporta di più di prima. Ed è evidente però che l’emergenza di una potenziale e improvvisa mancanza di gas russo ci ha nuovamente messi di fronte a una sicurezza energetica mondiale non scontata”.
Con l’Europa in crisi, l’idea è quella di un tetto sul gas: “Se ben studiato e architettato, potrebbe. Certo, dovrebbe trattarsi di una misura temporanea. Si permetterebbe di riempire più velocemente gli stoccaggi di gas oltre che calmierare i prezzi. A una situazione speculativamente eccezionale si deve rispondere con misure eccezionali intervenendo a monte dove si realizzano ingiustificati superprofitti. Altrimenti il rischio è distruggere il mercato”.
Per far fronte alla crisi, dice Descalzi: “Abbiamo investito. Ci siamo adoperati per poter dare il nostro contributo alle nostre istituzioni sfruttando al meglio e accelerando la produzione delle ingenti risorse di gas che abbiamo scoperto negli ultimi anni, dirottandole verso l’Europa e verso l’Italia. Con una strategia consolidata da decenni”.
E per l’autonomia dal gas russo, il capo di Eni prospetta di sostituire interamente le forniture russe nell’inverno 2024-25: “Ogni compagnia ha la sua strategia. Le nostre scoperte di giacimenti in Egitto, Libia, Algeria, Ghana, Nigeria, Congo, Indonesia, sono state condivise. Le risorse rimangono in buona parte dove sono state scoperte. Ci siamo preoccupati di fornire infrastrutture e tecnologie per garantire lo sviluppo di quei Paese”.