L’Arabia Saudita è sempre più all’avanguardia quanto a investimenti su energie alternative, tanto che, solo qualche giorno fa, ha dichiarato al mondo l’obiettivo di raggiungere emissioni zero di Co2 entro il 2060. Eppure, “gli idrocarburi resteranno parte importante del nostro futuro”.
Come si legge in un reportage della Repubblica, il ministro dell’Energia Abdulaziz bin Salman ha sottolineato come il paese non possa prescindere dall’”oro nero”, di cui è anche il principale esportatore. Previsioni che rischiano, dunque, di essere disattese.
“È solo quando petrolio e gas raggiungono alla destinazione finale e vengono convertiti in benzina o energia elettrica che creano emissioni. Quindi le emissioni vanno a finire nel calcolo dell’inquinamento relativo al Paese che acquista, non di quello che lo produce”, ha spiegato Simon Henderson, direttore del Bernstein Program sulle Politiche energetiche dei paesi del Golfo del Washington Institute for Near East Policy.
Se l’Arabia Saudita riuscisse a realizzare anche solo parte di ciò che ha promesso, il suo peso specifico muterebbe gli equilibri della regione in termini di energia, impatto ambientale e cambiamento climatico. Riacquisendo anche quella considerazione che, dalla morte di Khashoggi, lo vede emarginato dai leader occidentali.