“La pandemia ha messo a dura prova strutture, procedure e personale dello Stato”, lo afferma il giudice emerito della Corte costituzionale Sabino Cassese che elenca quelli che definisce “cedimenti” della struttura dello Stato.
Nell’editoriale sul Corriere della Sera, il primo che prende in esame è quello della sanità: “La sanità è dovuta ricorrere all’esercito per la realizzazione del piano vaccinale. Ha concentrato gli sforzi sui contagiati, ma tralasciando le altre patologie. Ha dato segni preoccupanti di scoordinamento: pensavamo che vi fossero due sanità, abbiamo scoperto che ve ne sono venti, con protocolli e tempi diversi; insomma, la sagra del regionalismo differenziato, con una preoccupante indefinizione dei compiti tra centro e periferia”.
Ancora, la scuola: l’Italia è il paese europeo che ha mantenuto più a lungo le scuole chiuse, con dure ripercussioni sulla tenuta psico-fisica dei giovani: “La scuola italiana ha chiuso i battenti più a lungo degli altri sistemi educativi europei, ricorrendo per troppo tempo alla didattica a distanza, come se questa potesse sostituire quella in presenza. Si sono trasposte alla leggera le lezioni frontali in classe con quelle «on line», senza capire che la didattica a distanza richiede metodi diversi, differente articolazione dell’insegnamento, apposite procedure di accertamento dell’apprendimento”. Il corpo insegnanti non è stato formato abbastanza e sono state sottovalutate le differenze tra la scuola in presenza e quella a distanza.
Un altro tema che Cassese passa in rassegna è la giustizia: “La giustizia è il servizio pubblico uscito più tardi dal lockdown, mettendo in seria crisi non solo gli avvocati, ma anche tutti gli altri utenti che hanno bisogno degli uffici giudiziari. I procedimenti definiti si sono ridotti di un quarto, quelli iscritti di un quinto, con un effetto complessivo di riduzione delle pendenze. Il ritardo ha influito in due modi sulla giustizia, perché l’ha rallentata, ma ha anche scoraggiato chi voleva rivolgersi ai giudici”.
“Come si vede, i cedimenti segnalati hanno riguardato elementi diversi (la rete nella sanità, la cultura educativa nella scuola, una motivazione collettiva nella giustizia), hanno prodotto disfunzioni di differente natura e di disuguale peso e sono stati compensati dalla dedizione del personale nel primo caso, non negli altri due. Il Piano nazionale di ripresa e di resilienza prevede soluzioni specifiche ai problemi elencati (tra le riforme orizzontali e nelle missioni 4 e 6). Ma le disfunzioni mostrate dalla prova da sforzo, imposta dalla pandemia e dalle chiusure che sono seguite, vanno al di là di un piano di sei anni, indicano cedimenti strutturali, che richiedono anche altri interventi, di più lungo periodo”, conclude Cassese.