“L’articolo 75 della Costituzione stabilisce che non sono ammessi referendum sulle leggi tributarie e di bilancio, sulle leggi di amnistia e di indulto e sulle autorizzazioni a ratificare trattati internazionali. Quindi, un referendum sulla giustizia, o, meglio, su alcuni particolari aspetti dell’ordinamento della giustizia in Italia è costituzionalmente ammissibile”, lo afferma Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale.
“Il proponente, il leader della Lega, ha chiaramente indicato la finalità sollecitatoria che hanno i referendum. Le proposte della Lega si muovono lungo un tracciato che fu individuato a suo tempo dal Partito radicale, quello del ritaglio. Ora, molte delle proposte avanzate in sede referendaria possono coincidere con quelle che matureranno in sede governativa e parlamentare. Bisognerà, a un certo punto, far convergere l’una e l’altra iniziativa riformatrice”, spiega Cassese in un’intervista a Il Giornale.
Tra le critiche che i sei quesiti lanciati dalla Lega e dal Partito Radicale hanno ricevuto, vi è l’idea che i temi della giustizia non siano compatibili con la cornice referendaria: “Un approccio di questo tipo mi pare corrispondere a quell’idea sbagliata, che è andata maturando in questi anni, dell’ordine giudiziario e, di conseguenza, della magistratura come una cittadella separata, che si autogoverna. Ora, la Costituzione attribuisce indipendenza all’ordine giudiziario, non conferisce ad esso potere di autogoverno. D’altra parte, il giudice è sottoposto alla legge, il Parlamento è titolare del potere legislativo, il popolo è titolare del potere di deliberare l’abrogazione totale o parziale delle leggi e, se la Costituzione non esclude il referendum abrogativo in materia di giustizia, questo è certamente ammissibile”.