“È vero che serve focalizzarsi. Ma bisogna essere agili, flessibili e sapersi concentrare sulle tecnologie che funzionano. Non c’è il rischio di cannibalizzare”, a parlare è Marco Alverà, ad di Snam.
“Il rischio più grosso è piuttosto quello di investire massicciamente su tecnologie che potrebbero presto diventare obsolete o di fare scelte industriali e regolatorie diverse da quelle degli altri Paesi. La nostra stella polare dev’essere l’Europa e in Europa dev’essere la Germania, che ha un tessuto industriale e un sistema energetico simili al nostro”, sostiene l’ad del Gruppo al Sole 24 Ore.
“Mi appassiona poco sapere quanti autobus alimentare a batterie o con celle a idrogeno. Se ci saranno salti quantici nelle batterie, che le renderanno meno costose, non solo gli autobus, ma i camion e forse pure gli aerei un giorno andranno a batteria: a quel punto sostituire le celle non sarà un investimento troppo impegnativo. È invece molto importante evitare scelte infrastrutturali che rischino di rivelarsi sbagliate. Mettere oggi una batteria in ogni casa, come vorrebbe Tesla, potrebbe costarci trilioni di dollari e magari tra 3-4 anni rivelarsi una soluzione obsoleta”, ha concluso Alverà.
Il gruppo da tempo si dedica all’implementazione dell’idrogeno, partecipando attivamente alla transizione energetica che chiede l’Europa: “Il bello dell’idrogeno è che non solo è molto versatile, ma si può trasportare con infrastrutture già esistenti. Snam dal 1986 ha impiegato solo acciaio già pronto e certificato anche per il passaggio di idrogeno al 100%. Ma il blending è una soluzione tattica, per creare immediatamente domanda di idrogeno e cominciare a decarbonizzare senza cambiare nulla nelle infrastrutture esistenti. A tendere però serviranno una rete dedicata ai biogas, una per l’idrogeno e magari anche una per la CO2, laddove si vorrà stoccarla”.