Il 2 aprile sarà il giorno della liberazione dell’America. Dai prodotti Made in Italy, tanto per cominciare. Se alle parole dovessero seguire i fatti, l’altisonante proclama lanciato da Donald Trump con toni insieme di promessa e di minaccia lascerebbe tavole e scaffali d’America ineluttabilmente prive del meglio dell’export tricolore. (Il Messaggero)
A dieci giorni dalla possibile entrata in vigore della tagliola trumpiana, il clima che si respira tra i produttori dello Stivale è principalmente attendista. Anche se c’è chi già registra nel sismografo degli ordini le prime scosse di assestamento: «Nelle ultime settimane – spiega al Messaggero Riccardo Rosa, presidente di Ucimu che rappresenta i costruttori italiani di macchine utensili, robot e automazione – abbiamo notato che alcuni clienti hanno messo in pausa le trattative sui nuovi ordini per vedere cosa accade». Capire se Trump darà o meno seguito ai suoi annunci è un dilemma amletico anche sull’altra sponda dell’Atlantico: «Parlando col presidente dei produttori americani – continua – ho capito che anche lì c’è grande incertezza».
Questione non proprio di lana caprina, per un comparto che ha negli Usa il primo mercato di sbocco (600 milioni di euro le vendite dello scorso anno). Al contempo, guardando al precedente del 2018, ci si può lasciare andare a un cauto ottimismo: «La scorsa volta Trump mise una tariffa dell’1,75% per i prodotti europei e una del 25% per quelli cinesi, favorendoci di fatto. Gli americani hanno estremo bisogno di macchinari performanti come i nostri: non è dunque così scontato che i dazi arrivino davvero». Impensabile, in questo settore, accelerare le spedizioni via cargo – come il Financial Times scrive in relazione ad alcuni produttori di auto – per far toccare alle merci il suolo americano prima che sull’orologio dell’Apocalisse commerciale scatti la fatidica ora X: «Per noi è impossibile – conclude Rosa – perché il lead time va dai 3 ai 9 mesi».