Economia

Digitale, rinnovabili e giovani: così l’Italia può diventare il paese guida nella Ue

Siamo tornati a un mondo fatto di geopolitica, dove garantire il presente a spese del futuro è diventata la scommessa fondamentale? E addirittura, come si sente dire qui e là, con una voglia di passato visto come l’idilliaco mondo che fu? Il sospetto è che si tratti solo del dominio narrativo imperante nei nostri giorni, caratterizzati da una comunicazione digitale tanto immediata quanto efficace, basata sul seminare incertezza. La realtà è invece fatta di un mondo di 8 miliardi di persone che hanno la speranza di un domani migliore. In qualche caso con la giusta aspirazione a ripristinare che cosa abbiamo deteriorato (l’ambiente) o lasciato alle nostre spalle facendo tesoro del passato. In altri puntando decisamente su quel motore che ha sempre garantito all’umanità il miglioramento continuo delle proprie condizioni, l’innovazione, lo sguardo rivolto al futuro. Non si tratta solo di parole, non più tardi di qualche mese fa a New York, nell’ambito delle Nazioni unite si sono riuniti oltre 2 mila delegati in rappresentanza di quasi 200 Paesi adottando un «Patto per il futuro». Una sorta di dichiarazione storica per permettere che le nuove generazioni possano vivere in un mondo più sicuro e sostenibile. Certo, si tratta di uscire da quell’angusta visione che sembra spingere ogni Paese a chiudersi in se stesso tra dazi e barriere. I governi dovranno essere chiamati a parlare più di investimenti che di nuove tasse quali sono i dazi. Più di ricerca e sviluppo invece che di difesa dei risultati raggiunti. (Corriere della Sera)

Nel caso dell’Italia dovranno essere rimossi quegli ostacoli, soprattutto burocratici all’innovazione che hanno impedito per esempio la piena attuazione di Transizione 5.0, bloccando quegli oltre 6 miliardi messi a disposizione dall’Europa esattamente per la transizione digitale ed ecologica. A meno che non si voglia perdere definitivamente il treno dei grandi Paesi. Sinora siamo stati tenuti in piedi da quella magnifica industria manifatturiera che tra alimentare, moda e arredamento ha imposto il made in Italy nel mondo. Le nostre macchine utensili altamente innovative sono in ogni angolo del globo. Ma nel nostro Paese se non smettiamo di pensarci come un’Italia perennemente in emergenza e incapace di fare sistema, il rischio è il «declino». Una parola che ci ha spinto a tante riforme nel primo quarto di secolo seguendo un percorso di modernizzazione che non possiamo interrompere.

L’Europa ce lo ha detto chiaramente, il mondo è nel pieno di due transizioni, strettamente intrecciate: digitale ed ecologica. Non si tratta di parole vuote. Mentre noi discutiamo in modo artificioso di «ideologia» europea, i nostri partner corrono su quei due assi. La Francia dispone ormai di unicorni (società, start up attive nel digitale, valutate oltre un miliardo) in un numero venti volte superiore a quello italiano. Sull’auto la riconversione tedesca sta marciando a ritmi sorprendenti al punto di essere persino dolorosi per i lavoratori. E a Monaco, dove è attiva tra le altre una start up guidata dall’italiano Francesco Sciortino, Proxima, che vuole realizzare la fusione nucleare, si pensa possa nascere la prima azienda da mille miliardi di valore in ambito tecnologico. E’ stato coniato persino un neologismo per gli unicorni nati nell’area: Munichorns. Decisivo il ruolo di due università la Ludwig Maximilian University e la Technical University du Monaco. Ma quante sono le università italiane attorno alle quali si potrebbe costruire non solo ricerca ma anche trasferimento tecnologico? E si pensi ancora al ruolo che l’Italia potrebbe giocare in campo energetico. E’ sicuramente sottostimato.

Si parla molto di bollette, e a ragione, pochissimo di quanto sappiamo fare in termini di riutilizzo energetico e delle fonti tradizionali. Nonostante l’azione del governo, siamo ancora indietro nella semplificazione e nella spinta verso la creazione di nuovi impianti di produzione da fonti rinnovabili. Termovalorizzatori, uso del calore creato dai nuovi data center che si stanno creando nel nostro Paese, non possono essere figli di iniziative sporadiche e locali ma compiutamente fatte proprie come sfida a carattere nazionale anche proprio attraverso l’utilizzo di Transizione 5.0. I prezzi dell’energia da rinnovabili continuano a cadere, quella da eolico è scesa del 4% annuo dal 1990, quella solare del 12%.

Redazione

 

 

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