Un anno che “promette” di essere peggiore del 2024, con già una zavorra però di tre trimestri negativi per la produzione e le esportazioni del Piemonte. Le lancette, a guardare gli indicatori di fiducia degli imprenditori – raccolti nell’indagine congiunturale realizzata dal Centro Studi dell’Unione industriale di Torino – sembrano essere tornate indietro ai mesi della pandemia e la visibilità sul futuro è assai ridotta: per quasi il 67% delle imprese manifatturiere piemontesi, il carnet ordini arriva fino ad un massimo di tre mesi. (Sole 24 Ore)
A spingere verso il basso le previsioni degli imprenditori sono le dinamiche collegate al settore automotive e al tessile, industrie mature per eccellenza alle prese con trasformazioni epocali. « Il Piemonte e Torino si inseriscono in un contesto assai difficile per l’Italia, con 21 mesi di fila di cali nella produzione industriale» spiega il presidente dell’Unione industriali di Torino Marco Gay. Due i punti di forza su cui le imprese dovranno far leva: investimenti ed eterogeneità industriale.
«In Piemonte resta alta la propensione agli investimenti – commenta Gay – con i tre quarti delle imprese che tengono la rotta e una impresa su quattro, in particolare, che punta su nuovi impianti, proprio nel comparto della metalmeccanica». Anche il presidente di Piccola industria, Filippo Sertorio, insiste sul punto. «Nei momenti di maggiore difficoltà, bisogna essere compatti ed aumentare gli investimenti, e farsi trovare pronti quando il rimbalzo ci sarà tra fine 2025 e inizio 2026, e sicuramente ci sarà». Il consiglio è quello di diversificare, in termini di prodotto e mercati. «Per le Pmi – aggiunge Sertorio – si deve spingere su innovazione e ricerca, cogliendo anche le misure che il Governo ha messo nella manovra di bilancio, a cui va affiancata la disponibilità di credito, che con il calo dei tassi deve necessariamente aumentare».
L’eterogeneità industriale del territorio permette di vedere ombre ma anche luci, a cominciare dalla tenuta del settore alimentare e della chimica-plastica. «Le variabili ci sono e sono pesanti – commenta Andrea Amalberto, a capo di Confindustria Piemonte – ma abbiamo saputo gestirne di ogni tipo e dimensione in questi ultimi cinque anni. Nuova mi appare invece la centralità che l’industria sta tornando ad avere nelle politica europea e nazionale: è un segnale positivo i cui effetti a medio termine si vedranno, auspichiamo concretamente, anche nel settore automotive, e più in generale nella capacità della manifattura di innovare».
Oltre alla frenata pesante della manifattura, condizionata da automotive e tessile, l’intera area del NordOvest, Piemonte e Valle d’Aosta in testa, sta facendo i conti da almeno un biennio con la variabile trasporti e valichi. Che si aggiunge alle incognite sul piano geopolitico tanto che il presidente degli industriali valdostani, Francesco Turcato, scommette sulla capacità delle imprese di resistere. «Il sistema industriale della Valle d’Aosta si conferma solido e tenace, caratteristiche che da sempre lo contraddistinguono. Restiamo fiduciosi, pur consapevoli della complessità del contesto attuale, e confidiamo nella capacità di resilienza delle nostre imprese» sottolinea.
Il Piemonte rappresenta più di un terzo delle imprese dell’indotto made in Italy. L’intero settore promette di chiudere il 2024 con un calo superiore al 20%, a livello nazionale.