Con il progressivo invecchiamento della popolazione, il valore economico dell’intero settore della cura (la cosiddetta «care economy») continua a crescere e oggi è quantificabile in 84,4 miliardi di euro, il 4,4 % del Pil totale. Per dare l’idea della dimensione di questo settore, basti pensare che l’agricoltura produce 39,5 miliardi (2,1% del Pil) e che il settore della ristorazione (alberghi, bar e ristoranti) si attesta a 79,9 miliardi (4,2% del Pil). (Corriere)
Numeri importanti anche per il lavoro domestico(facente parte della care economy) che coinvolge 3,3 milioni di persone(contando 1,7 milioni di lavoratori regolari insieme agli irregolari) e la spesa per le famiglie relativa a questo ambito raggiunge i 13 miliardi(una spesa composta da 7,6 miliardi regolarmente dichiarati e 5,4 irregolari) che genera allo Stato un risparmio di circa 6 miliardi (0,3% del Pil), ovvero l’importo di cui lo Stato dovrebbe farsi carico se gli anziani accuditi in casa venissero ricoverati in una struttura. Sono i principali dati emersi dal Rapporto Domina che per la prima volta ne ha quantificato l’indotto e ha fotografato le sue caratteristiche, ovvero 21,9 miliardi di nuovi beni e servizi.
Oltre all’analisi dei dati, il Rapporto offre spunti di riflessione sull’importanza crescente del settore e sulla necessità di garantire un sempre maggiore sostegno alle famiglie nella gestione della cura e dell’assistenza. Si rileva però che il tasso d’irregolarità rimane sempre alto, nonostante una diminuzione negli ultimi anni, come le iniziative di informazione e sensibilizzazione condotte da istituzioni e parti sociali Secondo i dati Istat, revisionati nel settembre 2024, nel 2022 il tasso di irregolarità medio in Italia si attesta al 9,7%, percentuale che sale al 47,1% nel caso del lavoro domestico.
Nel 2023 i lavoratori domestici regolari assunti direttamente dalle famiglie sono 834 mila. Si tratta di un settore caratterizzato da una forte presenza femminile (88,6%) e straniera (69% del totale). Anche se sono in aumento gli italiani che fanno questo mestiere. Il settore rimane caratterizzato dalla presenza di lavoratori provenienti dall’Est Europa (35,7%). Il secondo gruppo più numeroso è però quello di cittadinanza italiana, che rappresenta il 31,1% del totale. In crescita i lavoratori provenienti dalla Georgia, Perù, El Salvador, mentre ad essere in calo sono quelli provenienti da Romania, Moldavia e Bangladesh. Secondo i dati INPS, sono in continnuo calo i datori di lavoro che nel 2023 erano (917.929), registrando 60 mila unità in meno rispetto all’anno precedente (-6,1%). Si tratta di un assestamento del dato dopo gli aumenti del 2020 e del 2021, riconducibili principalmente alle misure di contenimento della pandemia. Tra i datori di lavoro, oltre un terzo si concentra in Lombardia e nel Lazio. La componente femminile è mediamente del 58%, mentre quella straniera del 5% (3% Ue e 2% non Ue).