Un taglio ora, poi si rallenta. La Federal Reserve ha ridotto i tassi d’interesse di 25 punti base al 4,25%-4,50%, come ampiamente previsto dagli analisti. La decisione è stata presa a maggioranza: una dei componenti del Comitato di politica monetaria (Fomc), Beth M. Hammack, avrebbe preferito mantenere i tassi al 4.50-4,75%. «Direi che quella di oggi è stata più difficile ma alla fine abbiamo concluso che questa era la decisione giusta» ha detto in conferenza stampa il presidente Jerome Powell che ha esplicitamente parlato di «una nuova fase». La stretta è destinata ora a frenare nei prossimi mesi. Il comunicato ufficiale, che ripropone parola per parola quello diffuso a il 7 novembre, presenta una sola piccola modifica: dice che il Fomc valuterà non semplicemente «i prossimi aggiustamenti» al costo ufficiale del credito, ma «le dimensioni e i tempi» dei prossimi aggiustamenti. (Sole 24 Ore)
Le proiezioni di dicembre confermano questa ipotesi. I “dots”, i punti che indicano le previsioni dei singoli componenti del Fomc, mostrano in mediana, per fine 2025, un tasso ufficiale del 3,75%-4%, mentre a settembre mostravano un 3,25-3,50%. L’anno prossimo, dunque, la stretta sarà di soli 50 punti base e non di 100 come inizialmente previsto. Per il 2026, le proiezioni indicano conseguentemente un 3,25-3,50%, contro un 2,75-3% di tre mesi prima. Nel 2027 i tassi potranno scendere al 3-3,25% e non al 2,75-3%. Anche il tasso di lungo periodo, che può essere considerato una sorta di valutazione del tasso neutrale nominale, è stato leggermente ritoccato al rialzo: punta ora al 3% mentre era, sempre in mediana, il 2,75-3% a settembre. I governatori hanno quindi, contemporaneamente, innalzato leggermente il “punto di arrivo” teorico, il tasso di lungo periodo, e rallentato il ritmo di discesa dei tassi.
Sono indicazioni coerenti con le proiezioni macroeconomiche dei governatori. La Fed prevede un’inflazione più elevata rispetto a tre mesi prima: l’indice risulterà nel 2025 in crescita del 2,5% (contro il 2,1% di settembre), mentre rallenterà al 2,1% (2,0%) nel 2026 e al 2,0% nel 2027. Anche l’inflazione core sarà pari al 2,5% l’anno prossimo (dal 2,2%) per poi scendere al 2,2% nel 2026 (2,0%) e al 2% nel 2027. Soprattutto, è aumentato il range delle singole previsioni dei governatori, a testimoniare una crescente incertezza (che non si riflette però sulle previsioni sui tassi): per il 2025 le indicazioni variano tra il 2,1 e il 2,9% (2,6% la seconda più alata) contro il 2,1-2,4% di settembre, mentre per il 2026 le proiezioni variano tra il 2,0% e il 2,6% (2,2% la seconda più elevata), contro il 2,0-2,2 per cento, e per il 2027 tra il 2 e il 2,4% contro il 2,0%-2,1%. È, per ciascun anno, la variazione massima a essersi innalzata. Sono andamenti che si ripresentano, persino amplificati, per l’inflazione core.
Le proiezioni sulla crescita sono rimaste sostanzialmente invariate, tranne che per quest’anno: viene indicata al 2,5%, contro il 2% di settembre. L’anno prossimo rallenterà al 2,1% (contro il 2% di tre mesi prima), e si manterrà a questa velocità nel 2026. Nel 2027 potrà leggermente rallentare all’1,9%, mentre la crescita di lungo periodo è stata confermata nell’1,8 per cento. Il tasso di disoccupazione si manterrà stabile al 4,3% nei prossimi tre anni, appena al di sopra del tasso di lungo periodo, confermato al 4,2%.