INNOVAZIONE

È febbre da data center: partita la corsa delle big

Grande abbuffata nel business dei data center. Non solo tlc e big tech, alla corte delle miliardarie potenzialità del dato italiano ora si posizionano anche le utility, società di costruzioni e real estate. Enel, A2a, Hera, Webuild, Dba Group e Kervis, sono diversi i grandi player ad affacciarsi a questo nuovo settore di attività. Attori che si aggiungono alle società di telecomunicazioni come Telecom, Retelit, Fastweb, Inwit, Raiway, Intred e a quelle tech come Apple, Google, Microsoft che, sul settore, hanno piani di investimento significativi, anche alla luce dei 12,7 miliardi di euro stanziati per il 2024-2025 dal Pnrr nel recente Piano Industria 5.0. (Il Giornale)

Ma cosa c’entrano queste società con il business dei dati? In particolare le società energetiche si stanno posizionando con l’intento di sfruttare il grande calore prodotto dai data center che, se messo a servizio della rete, può essere sfruttato per esempio per il teleriscaldamento. Parallelamente i processi di raffreddamento delle loro componenti rilasciano grandi quantità di calore decarbonizzato che, se non valorizzato, andrebbe disperso nell’atmosfera. Inoltre, entro il 2033, l’energia usata per i data center sarà rinnovabile per oltre il 90% e questo per le utility del settore significa una nuova opportunità di sviluppo. La bolognese Hera, ad esempio, ha già messo in campo iniziative di efficienza energetica presso i data center del gruppo. Inoltre, nelle strategie di sviluppo delle rinnovabili e di energy management, sta valutando soluzioni ad hoc. A2a, dal canto suo, ha identificato due progetti per lo sviluppo dei data center su Milano e Brescia che hanno un potenziale molto elevato in termini di consumo di energia e per il teleriscaldamento a uso domestico.

Nel caso di Enel, poi, il progetto nato con la costituzione di una newco da 1 miliardo amplia ancora il potenziale scenario di business. L’intento dell’ad Flavio Cattaneo, infatti, è quello di sfruttare la propria infrastruttura di rete e quella futura per connettere gli operatori ai centri dati. Una sorta di ultimo miglio seconda versione da affittare e gestire. Quanto ai grandi costruttori, anche Webuild ha preso posizione con la controllata Csc Costruzioni che, come ricordato dall’ad Pietro Salini in occasione dei conti del primo semestre, «è entrata nel mercato dei data center nel 2021» e ci aiuterà a cogliere «le opportunità per circa 7 miliardi che si svilupperanno tra 2024 e 2028 e quelle potenziali e crescenti legate al mercato dell’intelligenza artificiale». In fila ci sono poi gruppi di real estate e sviluppatori.

Al momento in Italia i data center sono 149, da nord a sud, con un picco in Lombardia. È tuttavia il Piemonte la regione che secondo indiscrezioni è nel mirino di nuovi grandi progetti. Le potenziali applicazioni sono tante, come dimostra Intacture, il progetto del primo e unico data center a nascere in Europa all’interno di una miniera attiva, incastonata in una montagna della Val di Non, a 40 km a nord di Trento. Storicamente, invece, risalgono al 2001 i primi due data center realizzati a seguito dell’accordo Telecom-Ibm, ai quali seguirono quelli di Bologna e Padova. Proprio ieri la stessa Tim ha annunciato che investirà 130 milioni in un data center nei pressi di Roma: il nuovo data center sarà operativo entro la fine del 2026 e si andrà ad aggiungere ai 16 del gruppo già esistenti. Oggi il mercato ha un potenziale altissimo e non a caso molti player esteri tra cui fondi e società immobiliari stanno guardando all’Italia.

Redazione

 

 

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