Attualità e politica

Per i broker: con Trump occhio a inflazione e Fed

Risalita dell’inflazione e politica monetaria della Federal Reserve sono due dei principali rischi avvertiti da analisti e operatori di fronte al Trump 2.0, cioè il ritorno dell’imprenditore alla Casa Bianca. I mercati al momento stanno comunque reagendo positivamente a cominciare dal cosiddetto “Trump trade”, cioè gli asset ritenuti beneficiari della vittoria repubblicana come dollaro, criptovalute e oro. Così spiegano le politiche annunciate dal tycoon in campagna elettorale – tariffe all’import su molti beni, riduzione delle tasse, nuovo giro di vite sull’immigrazione e deregulation su oil&gas. (Sole 24 Ore)

La Federal Reserve potrebbe mettere in stand by il taglio dei tassi: “È probabile che la Fed entri in una fase di attesa” vista l’incertezza sui tempi e sulla portata delle misure che Trump vorrà mettere in atto. “Con le politiche di Trump – fa eco Filippo Diodovich, market strategist di Ig – è probabile un ritorno dell’inflazione: se questo avvenisse la Federal Reserve dovrà probabilmente cambiare le proprie politiche monetarie”.

“Non tutte le promesse elettorali potrebbero essere mantenute, perché molte mirano ad attrarre voti, e il mercato si era già portato avanti su uno scenario di questo tipo, con tassi d’interesse che erano saliti di oltre 60 punti base nell’ultimo mese e il basket di titoli che avrebbero beneficiato maggiormente dell’elezione di Trump in crescita di oltre il +15% – esordisce Luigi de Bellis, co-head dell’ufficio studi Equita – Ci aspettiamo un rimbalzo immediato delle borse soprattutto americane, meno invece di quelle europee e un rafforzamento del dollaro. L’aumento dei rendimenti obbligazionari sarà leggero (+15/+20 punti base) perché erano già saliti di recente, mentre sull’azionario gli impatti più positivi dovrebbero riguardare i comparti value/ciclici tradizionali e le small cap”.

Le altre asset class che dovrebbero trarre benefici da Trump alla Casa Bianca sono le criptovalute e “l’oro nel medio termine per politiche fiscali più aggressive che necessiteranno di maggior liquidità da parte del governo Usa”, secondo de Bellis che, per quanto riguarda i comparti economici, si aspetta una deregulation a favore dei servizi finanziari, dell’energia e della sanità mentre le tensioni commerciali prevedibili tra Usa e Europa potrebbero aumentare ulteriormente la pressione sui costruttori auto del Vecchio Continente.

Redazione

 

 

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