INNOVAZIONE

Obiettivo competitività: le lenti Meta sull’innovazione tecnologica in Ue

Le aziende tecnologiche che vogliono innovare in Unione europea trovano la strada tutt’altro che spianata. Da una parte una normativa poco chiara, la difficoltà di avere risposte dai regolatori, enormi complessità burocratiche. Dall’altra una mancanza cronica di competitività e fondi che fa arrancare l’economia europea rispetto a Stati Uniti e Cina. Per sbloccare la situazione servirebbe una revisione del sistema di regolamentazione. (Adnkronos)

Questa è la diagnosi che Markus Reinisch, Vice President Public Policy per l’Europa di Meta, ha offerto ad Adnkronos ai margini della conferenza Comolake 2024 di Cernobbio. Il dirigente austriaco ha parlato delle ragioni che ostacolano la competitività europea e, tra le altre cose, impediscono all’azienda di lanciare in Ue il suo nuovo modello di intelligenza artificiale multimodale Llama 3.2. “Non è una questione di scelta”, sottolinea Reinisch, ricordando che anche altre grandi aziende (come Apple) faticano a rilasciare i prodotti più innovativi.

Modelli come quello offerto da Meta possono essere parte della soluzione, ha aggiunto il dirigente: essendo open source possono essere liberamente adottati per una molteplicità di usi, inclusi quelli più verticali. Ma prima è necessario capire cosa non ha funzionato finora in Ue, tema al centro dei rapporti di Mario Draghi ed Enrico Letta a cui sta prestando grande attenzione la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

Si parte dall’inizio: la regolamentazione. Sul lato pratico una realtà digitale che vuole operare in Ue deve tener conto di almeno 270 regolatori distinti nei vari Stati membri dell’Ue e circa 100 leggi locali in ambito digitale, spiega il dirigente di Meta. “Noi come grandi aziende possiamo permetterci di affrontare le difficoltà e i costi di compliance delle diverse normative. Ma se sei una piccola azienda europea, questo è impossibile”.

Inoltre non è chiaro né che tipo di dati possono essere utilizzati per addestrare i modelli di intelligenza artificiale in Ue, né in che misura si possono utilizzare, spiega Reinisch. E poi c’è il tema delle tempistiche, che è cruciale vista la velocità con cui si muove il settore tecnologico. Per esempio – continua – le conversazioni sull’Ia tra Meta e le istituzioni europee sono iniziate da tempo e si protrarranno almeno fino al primo trimestre del 2025. Il processo equivalente nel Regno Unito ha invece richiesto solo poche settimane.

La questione sarebbe quasi filosofica se non fosse per le sue pesanti implicazioni nell’economia reale. Con l’AI Act, Bruxelles si è posta all’avanguardia della disciplina e mira a implementare dei guardrail ben definiti per ridurre il rischio delle nuove applicazioni dei sistemi di intelligenza artificiale. Dalla prospettiva di Reinisch, però, utilizzare solo la lente del rischio per valutare queste nuove tecnologie potrebbe essere deleterio.

Redazione

 

 

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