In concomitanza con la Giornata mondiale degli insegnanti resta in primo piano la questione degli stipendi modesti degli insegnanti italiani. “Gli stipendi netti mensili a fine carriera dei docenti europei a confronto sono impietosi: in Germania si arriva ad oltre 5.000 euro, in Francia a oltre 3.000, in Italia a poco più di 2.000 euro, ricorda Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, che chiede al Governo interventi straordinari con la prossima Legge di Bilancio. (Teleborsa)
I dati ufficiali sono eloquenti: dall’ultimo studio internazionale, realizzato da Ocse Talis e diffuso da Invalsi, giungono del resto numeri sconfortanti: se subito dopo l’assunzione a tempo indeterminato il gap appare minimo è a fine carriera che assume connotati intollerabili, con i nostri docenti che al massimo – nella scuola secondaria di secondo grado – arrivano a percepire in media poco più di 40.000 euro annui; rimaniamo molto indietro ai 48.876 euro della Spagna, ai 55.497 euro del Portogallo, ai 60.947 euro dell’Austria, a cifre ancora maggiori percepite in Germania, ma soprattutto ai Paesi nordici dove in insegnante nell’arco di un anno prende anche 100.000 euro.
Anche il rapporto Ocse “Education at a Glance 2024” è sconfortante: l’Italia risulta il fanalino di coda dell’area Ocse per quanto riguarda gli stipendi degli insegnanti. Il salario medio degli insegnanti italiani è fermo a 31.950 euro nel 2019, con un andamento lento rispetto agli altri Paesi europei e una parabola discendente fino al 2023. Il gap stipendiale è particolarmente evidente se confrontata con il trend tedesco, che ha visto un costante aumento degli stipendi nel corso degli anni. La Germania si conferma al primo posto, con una retribuzione media annua di circa 47.250 euro nel 2019, seguita dalla media OCSE di 42.300 euro.
Gli stipendi più miseri della scuola toccano però ai precari, che prendono in media circa 25.000 euro lordi l’anno: si tratta di oltre 200.000 supplenti, dunque di un dipendente ogni 4-5 che rimane in queste condizioni troppi anni oltre il dovuto, tanto da avere indotto alcuni giorni fa la Commissione Europea a deferire l’Italia alla Corte di Giustizia UE. Una decisione che ha convinto l’organizzazione sindacale Anief ad avviare una class action per recuperare fino a 24 stipendi come indennizzo per la mancata stabilizzazione.