L’Italia ha raggiunto i 24 milioni di occupati e il tasso di disoccupazione nel secondo trimestre dell’anno è sceso al 6,8%, come ha appena certificato l’Istat. Il tasso di occupazione è al 62,2% e quello femminile migliora ancora, al 53,5 per cento. Numeri che fotografano un andamento positivo del mercato del lavoro, sicuramente di ripresa dopo il periodo difficile della pandemia. Restano però importanti divari, soprattutto se si guarda ai Paesi Ue, sia sul fronte del tasso di occupazione, sia sul fronte dei salari. Innanzitutto, ci sono i ritardi storici del nostro mercato del lavoro: il tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno, seppure in calo su base annua, resta al 12,5 per cento, oltre cinque punti sopra quello nazionale. Per i giovani fra 15 e 34 anni è all’11,8 per cento. (Sole 24 Ore)
Peraltro, l’aumento dell’occupazione è legato anche alla permanenza al lavoro di persone con un’età più elevata: la coorte dei lavoratori che cresce di più, anche al netto della componente demografica, è quella di età compresa fra 50 e 64 anni. Gli occupati over 50 sono il 40,5% del totale. L’aumento degli occupati è trainato dai lavoratori assunti a tempo indeterminato e dagli autonomi. Calano dunque i lavoratori con un contratto a termine, che sono 2,79 milioni. Resta però il tema dei contratti brevi: dei 12 milioni di rapporti cessati nel 2023, oltre un terzo (il 34,4%) aveva una durata inferiore a 30 giorni.
L’Italia, in base ai dati Eurostat 2023, è il Paese con il tasso di occupazione più basso fra i Paesi Ue: nel 2023 il livello medio fra 15 e 64 anni è stato del 70,4%, con il record dei Paesi Bassi all’82,4% e il 77,2% della Germania. Il quadro è preoccupante perché compentenze inadeguate non producono innovazione, l’assenza di innovazione crea un contesto produttivo scarsamente innovativo, che a sua volta abbassa l’asticella della qualità nella domanda di profili.
