Italia fa ancora rima con pizza, spaghetti e mandolino? Sì, ma solo nelle barzellette. L’Italia, che come noto è la seconda potenza manifatturiera in Europa, vanta alcuni tratti distintivi, che se ben gestiti, potranno essere opportunamente capitalizzati su scala internazionale. Se è infatti vero che già ora siamo uno dei primi paesi al mondo per competitività internazionale abbiamo del resto esportato nel 2023 oltre 600 miliardi di euro è anche evidente che abbiamo ancora a disposizione margini molto significativi di crescita. Ce lo dice l’Istat quando descrive l’attuale nostro portafoglio di mercati di destinazione. (La Stampa)
L’Ue ove vivono circa 450 milioni di persone rappresenta ancora l’area principale di sbocco delle nostre merci dal momento che più del 50% di quanto esportiamo è destinato al Vecchio Continente mentre il 49% assume come target il resto del mondo: dove insistono però oltre 7 miliardi di persone ma soprattutto sono attesi i maggiori tassi di crescita dell’economia nel prossimo futuro. Per renderci ancora meglio conto dei nostri margini di crescita, riferiamoci ai dati di giugno 2024 (i più recenti). Ebbene, abbiamo realizzato in Belgio (paese di 12 milioni di abitanti) un fatturato pressoché analogo a quello ottenuto nello sterminato mercato cinese, dove la classe media consta di oltre 500 milioni di individui. Ancora più indietro siamo in India mentre in Francia conseguiamo risultati di tre volte superiori rispetto a quanto ci portiamo a casa in quel di Pechino. Ne emerge pertanto un quadro di significativo potenziale in chiave prospettica; se sapremo orientare i nostri progetti di internazionalizzazione in Paesi che non sono ad elevata contiguità culturale, potremo davvero ottenere dei benefici importanti. Del resto, solo in Asia vivono e guadagnano oltre 4 miliardi di persone; lì dobbiamo focalizzarci, per poi progressivamente estendere la nostra attenzione al continente africano, definito dalla Banca Mondiale come l’area più promettente dei prossimi 50 anni.