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Fusione nucleare: trend positivo ma ancora lontani dalle rinnovabili

Oltre 6 miliardi di dollari. Questa è l’ammontare globale nel 2023 dei finanziamenti alle aziende che si occupano di fusione nucleare. Si tratta di una porzione risibile rispetto ai 500 miliardi di dollari di investimenti globali nelle rinnovabili. Quando si tratta di una tecnologia ancora agli albori come la fusione nucleare, più che all’ammontare bisogna però guardare al trend. (Sole 24 Ore)

Rispetto allo scorso anno, gli investimenti totali nei player della fusione sono cresciuti del 28% nonostante i timori per l’inflazione, gli alti tassi di interesse e il rallentamento economico abbiano indotto gli investitori di tutto il mondo a maggiore prudenza.

Guardando alle componenti di questo trend positivo, si evidenzia il ruolo crescente (+131% anno su anno) dei finanziamenti pubblici. All’inizio del 2023, i governi di Stati Uniti, Giappone e Germania hanno annunciato nuovi specifici programmi per sostenere la commercializzazione della fusione. Si tratta di programmi molto diversi per obiettivi e livelli di finanziamento, ma c’è una chiara tendenza per un maggior coinvolgimento pubblico nel settore.

Non è però tutto oro quello che luccica. Nel 2023, la crescita annua dei finanziamenti complessivi nel settore è stata di un quinto rispetto al 2022. Minore è l’importo totale e la dimensione delle singole operazioni. Nel 2022 sei società attive nel campo della fusione nucleare avevano ricevuto finanziamenti da più di 200 milioni di dollari ciascuna. Lo scorso anno si sono registrati solo due finanziamenti da più di 100 milioni di dollari.

I nuovi fondi sono stati destinati principalmente a società in fase iniziale. Ovvero, gli investitori tradizionali di capitale di rischio si sono sentiti a proprio agio nell’investire nella fusione, ma per lo più con investimenti di tipo “Seed” o “Series A”. Una sfida per le imprese più mature del settore che, oltre ad essere ad alta intensità di capitale, presentano una catena del valore composta da componenti rari e altamente specializzati.

In questo contesto, rispetto allo scorso anno è cresciuto il numero di imprese di categoria che stimano che la viabilità commerciale della fusione non si avrà prima del 2035. Tale quota pari al 40% delle imprese intervistate nel 2022, è salita al 51%. In conclusione, come per ogni innovazione potenzialmente dirompente il processo di ricerca e i connessi investimenti finanziari non sono immediati né lineari.

Redazione

 

 

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