Economia

La Bce resterà cauta dopo il primo taglio dei tassi

Annunciato in molti modi, il taglio di giugno ci sarà. Difficile che la Bce vorrà deludere le aspettative da lei stessa preparate, e a lungo. Il tasso sui depositi potrà calare dal 4% al 3,75%, mentre quello di riferimento scenderà dal 4,50% al 4,25%. Se si ipotizza un tasso reale di equilibrio attorno allo 0,5% – come suggeriscono ricerche ed estrapolazioni dalle ricerche di mercati riassunte a marzo da Isabel Schnabel, componente del board – e un’inflazione di lungo periodo al 2%, il tasso di politica monetaria resterà dunque decisamente più elevato del 2,5% nominale che è il livello neutrale (non lontano, peraltro, da quello Usa). Gli ultimi dati, piuttosto deludenti, lasciano però pensare che quanto accadrà da luglio in poi è ancora molto incerto. Gli analisti e gli investitori che puntavano a un taglio ogni riunione – con la seconda riduzione, magari, da settembre per valutare gli effetti del primo passo – sono ora chiamati a rivedere le loro previsioni. (Sole 24 Ore)

Il motivo è semplice. L’inflazione, e le pressioni sull’inflazione, sono – a sorpresa – aumentate. Il dato di maggio ha mostrato prezzi in rialzo del 2,6% annuo, dopo il 2,4% di aprile e marzo, e un indice core in aumento del 2,9%, dal 2,8% di aprile e il 3,1% di marzo. Il trend discendente si è quantomeno attenuato e se una simulazione meno banale della serie storica è compatibile con una momentanea ripresa, è evidente che ora occorrerà monitorare molto attentamente l’andamento dei prezzi.

Il rischio, per la Bce, è al momento quello di una stabilizzazione dell’inflazione a un livello superiore all’obiettivo del 2%, che a lungo andare potrebbe avere ripercussioni sulla credibilità dell’autorità monetaria. Le aspettative di mercato di lungo periodo – misurate dall’inflation swap 5y5y – ha abbandonato da tempo il target e si è collocato al 2,24%-2,35%. Avendo adottato un obiettivo puntuale, non è detto che la Bce possa ritenersi soddisfatta di un’inflazione stabilmente a questi livelli.

L’unico elemento che potrebbe tranquillizzare i banchieri centrali è il fatto che l’andamento dei prezzi dei servizi – anch’essi in accelerazione al 4,1% – e quello dei beni industriali, in calo allo 0,8%, non è mai stata così lontana. Le possibilità sono due: i prezzi dei servizi, più rigidi, registrano meglio le aspettative di inflazione e devono essere considerati più importanti – è l’approccio finora adottato dalla Bce – oppure Eurolandia è interessata anche da una variazione dei prezzi relativi, che la politica monetaria non deve toccare.

È anche vero, però, che le pressioni sull’inflazione, provenienti dai salari, sono aumentate. I salari negoziati sono tornati ad accelerare e nel primo trimestre del 2024 sono aumentati del 4,7%, la velocità massima dal 1992. Il costo del lavoro per ora lavorata per lo stesso periodo non è stata ancora calcolata da Eurostat, ma nell’ultimo trimestre dell’anno si muoveva ancora a una velocità del 5,8% annuo. La Bce non ha mai considerato negativi in sé questi andamenti: è sano che i consumatori recuperino almeno in parte il potere d’acquisto perduto con l’elevata inflazione. A patto però che questa spinta sia assorbita dai margini di profitto, molto aumentati nella prima fase dell’inflazione.

Redazione

 

 

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