Un divorzio consensuale per Acciaierie d’Italia tra Arcelor Mittal e Invitalia. La soluzione a cui punta il Governo è quella di una separazione tra i due azionisti della società, ma cercando un accordo, un punto di mediazione, che eviti un lungo e aspro conflitto legale. Come questo divorzio consensuale si realizzerà, lo si capirà nella prossima settimana. Mercoledì se ne dovrebbe sapere di più. I sindacati sono stati riconvocati per giovedì prossimo. (Il Sole 24Ore)
È questa la linea enunciata dal Governo che l’11 gennaio, in serata, ha ricevuto i sindacati Fim, Fiom, Uilm, Usb e Ugl per un punto di situazione dopo la rottura che c’è stata lunedì 8 gennaio, nel confronto tra il Governo e Aditya Mittal, ceo della multinazionale che con il suo 62% cento ha un ruolo di maggioranza nella società, mentre Invitalia è partner pubblico di minoranza. Il Governo era rappresentato dal sottosegretario alla presidenza, Mantovano, con i ministri Urso, Fitto, Calderone mentre il titolare dell’Economia, Giorgetti, era in collegamento.
La nota di Palazzo Chigi così riassume l’incontro: «Si sta lavorando in modo serrato per definire il confronto con ArcelorMittal e procedere alacremente per individuare il percorso sul futuro dello stabilimento all’interno di un quadro chiaro e definito che ha come primo obiettivo la continuità produttiva dell’azienda. È stata data massima disponibilità, una volta chiuso il confronto con ArcelorMittal, a far partire presso il ministero del Lavoro un tavolo per approfondire tutti gli aspetti legati all’occupazione e alla sicurezza sul lavoro».
l fatto che il Governo pensi alla divisione tra i due azionisti che nella primavera del 2021 hanno dato vita ad Acciaierie d’Italia e ritenga che non ci sia più lo spazio per una mediazione tra privato e pubblico, scaturisce dall’incontro, negativo, di lunedì con Mittal. Il Governo, riferiscono fonti che erano al tavolo, non avrà ripensamenti e non effettuerà alcuna marcia indietro. Mittal è fuori. Si tratta adesso di costruire la modalità dell’uscita.
Questa scelta segue quanto ha detto il ministro Urso nella mattinata al Senato, dove ha specificato che il privato non ha manifestato alcuna disponibilità ad intervenire finanziariamente per Acciaierie. È invece disposto, il privato, a ridimensionare la sua partecipazione nella società e a scendere al 34 per cento, ma chiede soprattutto che, al di là della modifica degli assetti societari, la governance resti condivisa tra i due soci. In questo modo, ha detto Urso, il privato punta «a condizionare ogni ulteriore decisione. Cosa che non è accettabile né percorribile, sia nella sostanza che alla luce dei vincoli europei sugli aiuti di Stato». La finalità di tutto, per usare le parole di Urso, è intraprendere una nuova rotta «cambiando equipaggio», visto che l’Esecutivo imputa all’attuale gestione della società non solo il mancato rispetto di tutti gli impegni assunti, ma anche di aver portato anche la produzione di acciaio in picchiata, fallendo tutti gli obiettivi annunciati. L’anno scorso, per esempio, ci si è attestati a 3 milioni di tonnellate contro i 4 previsti.