«La crisi israelo-palestinese rischia di diventare molto più vicina a noi di quanto non possiamo immaginare: da operatore e rappresentante del settore della logistica e trasporti, sono sinceramente preoccupato per le conseguenze che, in un tempo non preventivabile ma che potrebbe essere anche breve, essa sarebbe capace di generare avere sui traffici marittimi, limitati, inibiti e comunque resi più pericolosi nel canale di Suez». Così in una nota Federico Albini, presidente della sezione trasporti di Confindustria Toscana Nord, lancia l’allarme sulle ripercussione della crisi in Israele sugli operatori internazionali della logistica. (Il Sole 24Ore)
In particolare, Albini ricorda come il canale di Suez rappresenti la via di transito del 12% del commercio internazionale, il 10% del petrolio, l’8% di gas naturale. E uno sbocco fondamentale per le merci italiane: «Il 40% dell’import-export italiano navale viaggia sulle navi portacontainer che l’attraversano. Gli attacchi alle navi mercantili hanno già spinto alcune compagnie a spostare le rotte verso il Capo di Buona Speranza, con evidenti costi e disagi. Sempre il Centro Studi Fedespedi valuta che per il solo costo del carburante, il passaggio per il Capo di Buona Speranza in alternativa al Canale di Suez abbia un costo fra i 650.000 e 1 milione di dollari. Temiamo che se la situazione si protrarrà, altri grandi operatori mondiali faranno la medesima scelta, per evitare costi e rischi destinati a lievitare.