Economia

Confronto salariale in Italia: dal 1991, +1% contro il +32,5% nell’area Ocse

Tra il 1991 e il 2022 i salari reali in Italia sono rimasti sostanzialmente al palo con una crescita dell’1% a fronte del 32,5% in media registrato nell’area Ocse. È quanto emerge dal Rapporto Inapp presentato oggi secondo il quale il dato è legato anche alla bassa produttività del lavoro, cresciuta comunque più delle retribuzioni. Nella distribuzione del reddito si vede una caduta crescente della quota dei salari sul Pil e una crescente quota dei profitti. (Il Sole24Ore)

«Una prima criticità è costituita dalla questione salariale. La distribuzione funzionale del reddito, il cui andamento storico in Italia mostra una caduta crescente della quota dei salari sul Pil e una crescente quota dei profitti, si è ormai stabilizzata su valori che configurano un modello di crescita profit led. Nella letteratura economica vengono avanzati forti dubbi sulla tenuta di tale modello nel lungo periodo, mentre si attribuisce maggior solidità al modello wage led per via della crescita della domanda aggregata che è in grado di alimentare un sentiero di crescita sostenuta». Così quanto affermato dal presidente dell’Inapp, Sebastiano Fadda.

Risulta inoltre necessario porre l’attenzione sull’andamento dei salari reali nel nostro Paese che, confrontato con quello degli altri Paesi europei, si rivela nei tempi recenti addirittura in diminuzione rispetto al 2020, a fronte di incrementi sostanziali negli altri Paesi. «Ha inciso chiaramente la fiammata inflazionistica. Potrebbe essere utile in questo contesto l’introduzione del salario minimo legale». Sulle regole sulla contrattazione collettiva «resta il fatto che in Italia esse non sono state capaci di garantire tra il 1991 e il 2022 quella crescita dei salari reali che nella media dei Paesi dell’Ocse ha raggiunto il 32,5%, mentre in Italia si è fermata all’1%.Non esistono ragioni né sul piano analitico né sul piano dell’evidenza empirica – aggiunge Fadda – per escludere strumenti basati sull’imposizione di una soglia minima invalicabile».

In Italia inoltre sta emergendo un altro fenomeno, ossia della carenza di lavoratori. Esso si manifesta con la difficoltà dei datori di lavoro a coprire i posti vacanti. Inoltre resta importante il fenomeno delle dimissioni con circa 560mila risoluzioni scelte dal lavoratore nel 2021. Ci sono inoltre 3,3 milioni di persone, il 14,6% degli occupati che sostiene di aver pensato a dimettersi ma di essere alla ricerca di altre fonti di reddito per affrontare questa scelta.

Redazione

 

 

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