Le gare e la spesa effettiva: i due punti deboli del Pnrr al momento appaiono questi. Lo conferma la memoria dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) trasmessa alle commissioni Politiche Ue e Bilancio del Senato, che analizza lo stato di attuazione del Piano di ripresa e resilienza e i rischi della rimodulazione appena negoziata con l’Esecutivo comunitario. Rimodulazione illustrata, nella stessa mattinata, prima ai sindacati e poi alle Regioni in una cabina di regia convocata a Palazzo Chigi dal ministro per il Pnrr, Raffaele Fitto. (Il Sole 24Ore)
Guardando alla quota di risorse assegnata in percentuale del totale degli stanziamenti, L’Upb scrive che «il Mezzogiorno ne riceve una quota significativa e allineata a quella del Nord», anche se «restano in posizione di relativa debolezza Calabria, Basilicata, Molise e Abruzzo». È nelle gare che si apre la forbice. I ritardi nella messa a gara e nell’assegnazione dei lavori, infatti, si concentrano soprattutto a Sud. Le gare avviate finora riguardano un importo complessivo di circa 45 miliardi, pari al 25,4% del valore dei progetti; le aggiudicazioni si limitano alla metà dell’importo messo a gara (22,6 miliardi, il 12,8% dell’importo dei progetti). Le disuguaglianze territoriali sono forti: se al Centro e al Nord le quote di gare avviate sul valore dei progetti rappresentano rispettivamente il 30,1% e il 27,7%, nelle Regioni del Mezzogiorno scendono al 19,3%. Anche le aggiudicazioni seguono una dinamica molto simile: sono il 15,2% e il 14,1% rispettivamente nel Centro e nel Nord, crollano al 9,4% nel Mezzogiorno.
La ragione non sta nel fenomeno delle gare deserte, marginale: delle 104.603 gare del Pnrr, solo lo 0,54% (561) è andato deserto o risulta annullato. «Emerge in questo caso – è invece la lettura dell’Upb – uno storico punto debole degli appalti dei lavori pubblici in Italia, che nel Mezzogiorno hanno sempre scontato maggiori difficoltà nella preparazione e nello svolgimento delle gare, soprattutto da parte di stazioni appaltanti di piccole dimensioni». Che sono numerose, perché l’analisi evidenzia l’elevata percentuale di piccoli progetti con soggetti attuatori di natura privata o mista dispersi sul territorio (scuole, associazioni, imprese, consorzi, singole partite Iva o ragioni sociali ecc.), «probabilmente con ridotta esperienza di gestione delle gare». I progetti a loro affidati contano per il 12,4% di tutto il Pnrr, l’aggregato maggiore subito dopo i Comuni e Rfi.
Anche i ribassi sulla base d’asta risultano in media significativi. Rispetto al dato medio riscontrato sul complesso del mercato dei contratti pubblici, il sottoinsieme delle gare associate ai progetti del Pnrr mostra una sostanziale sovrapposizione per quanto riguarda i lavori pubblici (15% Pnrr contro il 15,4% della media triennale dei ribassi 2021-23 a livello nazionale), mentre performance differenti emergono per quanto riguarda il mercato delle forniture (18% Pnrr, contro il 29,5%) e dei servizi (32% Pnrr contro il 22,5%). «A condizionare il risultato per i settori dei servizi e delle forniture – spiega la memoria – potrebbe essere stata la diversa incidenza di soluzioni centralizzate, più alta rispetto all’universo delle gare italiane per i servizi (che registrano ribassi superiori) e più bassa per le forniture. Anche da questi confronti emerge la capacità delle stazioni appaltanti di dimensioni maggiori di gestire le gare e sfruttare al meglio i benefici della concorrenza tra operatori di mercato».
Le gare al ralenti si traducono in risorse impegnate altrettanto al ralenti: al netto di incentivi e agevolazioni fiscali, il rapporto tra spesa programmata e le risorse del Pnrr si attesta al 71%, mentre quello tra pagamenti effettuati e risorse impegnate si attesta al 14,5%. I progetti avviati hanno sinora richiesto l’impegno di 66,4 miliardi su tutto l’orizzonte previsto per la realizzazione, dei quali 19,2 miliardi si sono tradotti in spesa effettiva con pagamenti alle imprese assegnatarie dei lavori o erogazione dei benefici. Questa spesa include i crediti di imposta ma non gli incentivi e le agevolazioni fiscali, che dovrebbero portare la somma complessiva dei pagamenti all’ammontare risultante in ReGiS a tutto il 26 novembre 2023, pari a 28,1 miliardi.