I metalmeccanici a stelle e strisce colpiscono duro e Stellantis sceglie di non partecipare al Ces, la più grande fiera tecnologica al mondo, prevista per gennaio a Las Vegas, nel Nevada, perché «i costi degli scioperi Uaw in corso contro Stellantis continuano ad aumentare». La decisione — informa una nota — è stata presa come parte del piano di emergenza messo a punto da quando le tute blu dell’United Auto Workers hanno cominciato ad astenersi dal lavoro negli impianti americani del costruttore italo-francese. «Essere secondi a nessuno nella creazione di valore per tutti gli stakeholder – clienti, dipendenti e investitori – è una componente chiave del piano strategico Dare Forward 2030 di Stellantis — spiega l’azienda —. Alla luce dello stato attuale delle trattative negli Stati Uniti, preservare i fondamentali aziendali e quindi proteggere il futuro dell’azienda è una priorità assoluta per il team di leadership di Stellantis». (Corriere)
Lo sciopero del sindacato Usa è entrato nella quinta settimana e non si intravede ancora la fine. I lavoratori hanno preso di mira 38 stabilimenti delle «big three» di Detroit — Stellantis, General Motors e Ford — sparsi in 20 stati. Circa 34.000 lavoratori dell’auto hanno incrociato le braccia contro le tre aziende e il sindacato ha minacciato di allargare la protesta ad altre fabbriche. Al centro della rivendicazione c’è il rinnovo del contratto di lavoro, scaduto dopo 4 anni, e contestualmente un adeguamento salariale del 40%, oltre a una rimodulazione dei versamenti pensionistici e la settimana lavorativa corta (32 ore). I tre costruttore hanno risposto con un aumento del 20%, rispedito al mittente. L’Uaw rappresenta 46 mila metalmeccanici in General Motors, 57 mila in Ford e 43 mila in Stellantis.
La protesta ha ricevuto anche il supporto del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che si è presentato a un picchetto dei lavoratori davanti a uno stabilimento di Belleville, in Michigan. Non poteva mancare l’intervento, pure in questa vicenda, di Elon Musk. Il ceo di Tesla (azienda non sindacalizzata) in un post su X ha detto a proposito dei lavoratori: «Vogliono un aumento di stipendio del 40% e una settimana lavorativa di 32 ore. Un modo sicuro per portare Gm, Ford e Chrysler alla bancarotta sulla corsia di sorpasso». Tutto questo infatti ha un costo: le tre case automobilistiche di Detroit, i fornitori, i concessionari e i lavoratori al 12 ottobre hanno contabilizzato 7,7 miliardi di dollari di perdite, è la stima di un rapporto dell’Anderson Economic Group di East Lansing pubblicato lunedì. «Siamo entrati nella zona di pericolo per molti fornitori», ha dichiarato il think tank in un comunicato.