Nel contesto della crisi europea, la Norvegia ricopre una posizione ambigua e scomoda sul piano politico: è il Paese dell’Alleanza Atlantica che più sta beneficiando dell’invasione russa in Ucraina. Infatti, ogni azione del Cremlino genera dividendi crescenti per la Norvegia: il maggiore produttore di idrocarburi d’Europa occidentale.
La Norvegia si trova, riporta il Corriere della Sera, a ricevere un “bonus” che potrebbe finire per valere circa il 5% del suo Pil all’anno.
Secondo i dati riportati da Eurostat, infatti, la crescita del fatturato delle forniture della Norvegia è quasi di dieci volte maggiore rispetto agli anni precedenti e corrisponde a un aumento di prezzo del mercato da meno di 20 euro per megawattora all’inizio del 2020, a circa 90 euro a megawattora all’inizio del 2022.
Non c’è dubbio, riporta Corriere, che l’azione e la volontà di Putin abbiano inciso su questi aumenti di prezzo. È ormai dimostrato che Gazprom ha deliberatamente ridotto le forniture per ostacolare gli stoccaggi in Europa e poi ha tagliato le spedizioni verso l’Europa.
Poco dopo l’inizio del conflitto, ad aprile, il prezzo del gas sfiorava i cento euro a megawattora e Equinor a Oslo incassava 2,2 miliardi di euro dai suoi partner europei: rispettivamente dieci e dodici volte di più rispetto al 2021 e 2020.
Come spiegato dal Corriere della Sera, l’enorme aumento dei ricavi dipende dall’applicazione di contratti che sono stati liberamente firmati dalle parti molto prima della guerra in Ucraina.
Resta comunque il paradosso del «bonus Putin» per cui la Norvegia continua ad arricchirsi grazie alle difficoltà del resto d’Europa, per la quale non hanno mai esteso un gesto di solidarietà finanziaria. È la dimostrazione, conclude il quotidiano, che un tetto al prezzo del gas riservato solo alle forniture russe non aiuterebbe granché: il bonus si trasferirebbe solo più a Ovest e più a Nord, mentre Germania e Italia rischiano di scivolare in recessione.