Nel giorno in cui si celebrano i diritti delle donne, a parlare della situazione delle donne afghane è una giovane attivista di Kabul, che dal ritorno dei talebani ha visto una regressione per tutti gli aspetti della vita, e in primis, dei diritti.
In un’intervista a Repubblica, la giovane dichiara che in questo 8 marzo non ha nulla da festeggiare: “Oggi per me non è la festa delle donne. Oggi è il giorno di chi vive umiliato, imprigionato in un paese allo stremo. I talebani hanno tolto i diritti alle donne, la libertà di scegliere, studiare, uscire di casa sole o lavorare”.
E lancia un messaggio all’Occidente: “Il peggio è che dopo tante promesse l’Occidente ha dimenticato l’Afghanistan e tutti noi che restiamo qui. A combattere di nascosto, rischiando la vita, uomini e donne, per il diritto di esistere e scegliere”.
La giovane ha 18 anni, vive a Kabul e racconta la situazione attuale: “Non possiamo andare a scuola né uscire senza un uomo accanto, non possiamo lavorare. E questo, oltre a farci sentire prigioniere, peggiora la crisi economica già devastante. Accade che madri vendano figlie come spose bambine per comprare pane e mantenere gli altri piccoli. Ci sentiamo tutti senza futuro”.
Prima dei talebani, la situazione era diversa: “Ero una ragazza come tante che in jeans e truccata andava all’università, studio scienze politiche. Ora sono chiusa in casa e se esco ho il velo a nascondermi il volto. Senza un uomo non posso girare o prendere un taxi, non posso andare in università e studiare. Mi hanno rubato il futuro. Perché il futuro, la crescita di un paese, delle donne passa per l’educazione”.
La sua forza d’animo la spinge in avanti e grazie all’organizzazione “Empowering afgan women”, continua in tutti i modi di aiutare le coetanee, le donne: “Facciamo lezioni online, in tanti lavorano gratis per trasmettere il sapere, per non perdere una generazione”.