Dall’invasione Russia in Ucraina vi sono stati differenti cambiamenti a livello geopolitico globale, ma anche a livello economico, soprattutto riguardo il tema dell’energia.
A parlarne in un’intervista a La Stampa, l’ex manager di Lukoil Massimo Nicolazzi, oggi presidente di Centrex Italia e professore al corso di Economia e Management all’Università di Torino.
Immediatamente, l’attenzione si concentra sul colosso russo Lukoil e sulla situazione delle aziende petrolifere: “Tutti stanno facendo i conti con le quotazioni negative in borsa, che stanno mettendo in difficoltà. Sul mercato vediamo che l’Ural, il greggio russo è stato offerto con uno sconto del 18%”.
Sui prezzi di gas e petrolio, Nicolazzi non si sbilancia: “Navighiamo a vista: nessuno può fare previsioni sicure. Ricordando che il prezzo del mercato di oggi trascina quello di dopodomani, è presumibile che una diminuzione sensibile del prezzo ci potrà essere soltanto a partire da aprile 2023”.
Altro tema cruciale, è quello della dipendenza energetica: “Nel 1980 l’Italia produceva 18 miliardi di metri cubi di gas, con 40 di consumi. Oggi la produzione nazionale è di 3 miliardi contro i 70 di consumi”. Dati allarmanti, ma con alcune possibili vie di uscita.
“Dall’Algeria prediamo molto e da febbraio è il nostro primo fornitore. Con l’attivazione di tutta la capacità di Algeria e Libia avremmo una boccata di ossigeno. Poi, l’Azerbaijan potrebbe raddoppiare le forniture e si parla anche di una nuova linea dalla zona di Cipro”.
E sulla produzione italiana: “Il problema sono i tempi della burocrazia italiana che per un’autorizzazione a trivellare chiede due anni”.
Infine, una riflessione sul conflitto: “Quello dell’energia si è trasformato da problema ambientale a politico: dobbiamo decidere se pagando il nostro gas dobbiamo foraggiare una guerra. La decisione di chiudere il rubinetto è solo nostra, i russi sicuramente non lo faranno”.