Se è vero che l’export italiano viaggia a numeri mai visti prima, registrando nei primi sei mesi del 2021 un + 4,6% rispetto al 2019, è anche vero che sugli scaffali di tutto il mondo si trovano prodotti che di primo acchito sembrano italiani, ma in realtà non lo sono. Il problema del cosiddetto “Italian sounding” ci costa caro secondo le stime di Coldiretti: circa 100 miliardi di euro e 300mila posti di lavoro.
Come spiega al Corriere della Sera Anna Uslenghi, docente di marketing internazionale alla Bocconi, l’Italia è un marchio, simbolo di qualità e viver bene, che si presta bene ad essere copiato. Per contrastare il fenomeno, suggerisce la docente, è necessaria una comunicazione efficace del made in Italy, per educare gli stranieri a distinguere i prodotti realmente italiani dalle “imitazioni”. Inoltre, sono indispensabili la tracciabilità del prodotto, per verificarne l’effettiva provenienza, e gli accordi bilaterali tra l’Italia e gli altri paesi che dichiarino illegali i prodotti che imitano quelli nostrani.