“Dobbiamo anticipare le minacce e non rincorrerle”, lo afferma il generale Graziano, da 49 anni nell’esercito, presidente del Comitato militare della Ue ossia comandante dell’embrione di Difesa europea.
“Le comunicazioni, ad esempio, dipendono dai satelliti nello spazio e ci servono nuovi sistemi di crittografia per evitare di venire oscurati. Stiamo cercando di creare un comando europeo, il nocciolo di un quartiere generale operativo che deve disporre in sicurezza di reti cibernetiche e spaziali. C’è molto da fare”, spiega in un’intervista a Repubblica.
Ora la competizione si gioca sull’aspetto tecnologico e non sul campo militare come in passato: “Allora bisogna ricordare come i cinesi per primi inventarono la polvere da sparo, poi però limitandosi a usarla nei fuochi d’artificio mentre l’Europa sviluppò subito le artiglierie ottenendo un vantaggio tecnologico durato secoli. Sono convinto che oggi la Cina non ripeterebbe lo stesso errore e lo sta dimostrando con le ricerche sull’intelligenza artificiale: ha una rapidità di evoluzione e la volontà di diventare una superpotenza conquistando la supremazia con un piano graduale che guarda al 2050. Il loro sistema politico permette di prendere e imporre decisioni in tempi ridotti rispetto alle democrazie europee. Per l’Europa è un partner negoziale, competitor economico e rivale sistemico”.
L’Italia si sta dedicando alla cyber security, a tal proposito il generale afferma: “La difesa cyber è il presente, non il futuro: il terreno di un confronto in cui si sta operando tutti i giorni in modo massiccio. Abbiamo stabilito una serie di priorità: dalla protezione delle reti alla formazione e dalla collaborazione tra aziende private ed enti pubblici alla cooperazione internazionale. Soprattutto l’Europa ha finanziato una piattaforma unica per la condivisione degli attacchi e delle risposte, in modo da mettere in comune le informazioni sulla minaccia”.
Gli Stati Uniti lavorano per fronteggiare due grandi minacce: la Russia e poi la Cina in primis. “Gli americani ce lo chiedono da tanto tempo. E si aspettano anche che gli alleati, della Nato e della Ue, li sostengano nel confronto con la Cina, direttamente o indirettamente. Questo per esempio può significare un maggior ruolo europeo dove diminuisce la presenza statunitense, come in Libia, in Iraq o nell’intera fascia di incertezza intorno al Mediterraneo. È importante che gli Stati membri dell’Unione si rendano conto della situazione di urgenza e della necessità di andare alla radice delle crisi. L’immigrazione non è solo un problema di persone che sbarcano sulle nostre coste. Dobbiamo capire perché lasciano i loro Paesi e affrontare l’origine del dramma”.
Servirà un coinvolgimento di tutti i Paesi: “Credo che nelle capitali dell’Unione stia crescendo la consapevolezza della nostra inferiorità rispetto al bipolarismo tecnologico tra Cina e Usa ma anche del disordine mondiale che ci troviamo a fronteggiare”.