L’11 settembre le truppe americane lasceranno l’Afghanistan: l’accordo tra Usa e afgani ribelli è stato voluto da Trump e l’attuale presidente Biden ha deciso di posticipare il ritiro ad una data simbolica.
I talebani, che già controllano il 55% del paese, stanno organizzando attentati per riconquistare a mano a mano sempre più distretti del Paese. In vent’anni di guerra sono 47mila i civili caduti per bombardamenti o scontri a fuoco. Le donne sono sottoposte a maggior rischio: lo scorso 8 maggio tre esplosioni hanno colpito una scuola femminile uccidendo 85 ragazze, tra i 13 e i 17 anni. Purtroppo non rischiano solo la vita, ma anche di perdere le libertà che faticosamente si sono guadagnate.
Repubblica raccoglie alcune voci di donne emancipate, come quella di Tarana Zaki, 26 anni, che guida il Pink Shuttle, uno dei tre taxi per donne che circolano per Kabul: “Le donne non salgono sui taxi guidati da uomini perché spesso vengono molestate, stiamo cercando di cambiare la società. Mio marito è morto, ora sono io il capo famiglia: fino a qualche anno fa non sarebbe stato possibile”.
Ancora, Layla Hoshimi, da otto anni è la proprietaria della Arg Gym, ma durante il regime dei talebani le donne non potevano fare sport, motivo per cui Layla si batterà affinché il suo spazio non sia dismesso.
Zainab Teimorì ha 30 anni e ha aperto una scuola di disegno per ragazzi e ragazze ma per gli estremisti disegnare ritratti è blasfemo.
Sono tante le donne che rischiamo di perdere il proprio lavoro e soprattutto le proprie libertà: “Il governo ci sta provando. I negoziati vanno avanti faticosamente, noi donne non abbandoneremo quello che ci siamo guadagnate per far piacere ai talebani, ma un compromesso sarà necessario se vogliamo fermare questo bagno di sangue”, afferma Maryam Sadaat, che lavora nell’ufficio pubbliche relazioni del presidente Ashraf Ghani.