Il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e il pm Sergio Spadaro sono indagati dalla procura di Brescia per aver omesso atti d’indagine rilevanti a favore degli imputati nel processo Eni Nigeria.
Come racconta La Stampa, tra questi documenti ci sarebbero le chat dell’ex manager Eni Vincenzo Armanna, che avrebbe versato 50 mila dollari a un poliziotto nigeriano, testimone nel processo per confermare le accuse mosse a Eni, avrebbe dunque “costruito” prove false ai danni dell’azienda petrolifera. Secondo l’accusa, i due pm avevano in mano le chat ma non le avrebbero mai sottoposte a giudici e difese.
Il tutto è nato dalla documentazione prodotta dal pm Paolo Storari che il 19 maggio è stato interrogato per rivelazione di atti d’ufficio: ha consegnato informalmente al Csm, nella persona dell’allora consigliere Davigo, i verbali dell’ex avvocato esterno di Eni Piero Amara. Lo ha fatto, a suo dire, per “autotutelarsi dall’inerzia” della procura.
Dieci giorni dopo, il 28 maggio, Storari viene riascoltato e il procuratore di Brescia chiede maggiori dettagli sull’”inerzia” della procura. Storari spiega che a suo avviso Amara e Armanna stessero complottando ai danni dei vertici di Eni e di aver sottoposto via mail il materiale raccolto a De Pasquale affinché fosse presentato al processo contro Eni, ma non sarebbe stato fatto. Secondo l’accusa, avrebbe ricevuto solo risposte vaghe.