Non è soltanto giusto, è anche conveniente. Puntare sull’industria farmaceutica nel paese che è primo produttore farmaceutico in Europa ha senso economico e strategico. Nel corso di un interessante webinar promosso da Fino a prova contraria, si è discusso di come trasformare la partnership pubblico-privato in ambito farmaceutico in una politica industriale del paese. Non una soluzione episodica, emergenziale, quando si abbatte sull’umanità un cataclisma come Covid-19. Ma una strategia di lungo periodo, strutturale, per investire in ricerca, alimentare la scienza, produrre tecnologia e innovazione. Non solo perché vivremo sempre più a lungo ma perché desideriamo vivere sempre meglio, con una qualità maggiore del tempo della nostra esistenza.
“La collaborazione virtuosa con il privato è quella che ha consentito al mondo di dotarsi di un vaccino in tempi record. La diffidenza ideologica verso le aziende è sempre sbagliata”, ha detto il sottosegretario di Stato alla Salute Pierpaolo Sileri in apertura dei lavori. In totale sintonia con lui si è detto il sottosegretario di Stato all’Economia Claudio Durigon che ha evidenziato “l’importanza strategica del settore per puntare su ricerca e innovazione”. Tanto più, aggiungiamo noi, in un paese dove gli investimenti dedicati alla ricerca in tutti i settori si attestano intorno all’1,4 percento del Pil, ben al di sotto della media europea (2 percento, secondo il Country report for Italy 2020 della Commissione UE). Uno studio di Roche, inoltre, dimostra che ad ogni euro investito in ricerca corrisponde un risparmio di più del doppio per il Sistema sanitario nazionale. Il problema è che nel nostro paese resiste ancora oggi una perniciosa cultura del sospetto verso i principali player del settore, verso le “multinazionali” colpevoli di produrre profitto, creare lavoro e valore. Fino a poco tempo fa diverse aziende del settore lamentavano financo l’impossibilità di interloquire con le istituzioni competenti, di farsi ascoltare, quasi fossero dei reietti e non invece investitori che nel nostro paese realizzano stabilimenti e finanziano ricerca e cure. Come gli anticorpi monoclonali, per dirne una: una cura efficace contro il Covid-19 (la stessa che ha rimesso in salute l’ex presidente Usa Donald Trump) ma che, come ha spiegato il vicepresidente di Farmindustria e ad di Roche Maurizio de Cicco, “in Italia fatica a diffondersi: il governo ne ha acquistato milioni di dosi ma i medici di base non hanno le conoscenze adeguate per impiegarli. Così questi farmaci innovativi restano inutilizzati: uno spreco di denaro e salute”.
Ho ascoltato poi con interesse le parole del professore ed ex ministro Giovanni Tria, oggi consigliere del Mise per la produzione industriale del vaccino, che non ha lesinato critiche al precedente governo: “Su Reithera l’esecutivo di allora ha agito in ritardo e senza competenza, con uno strumento inadatto demolito dalla Corte dei conti. La partnership pubblico-privato va incoraggiata perché l’Italia ha bisogno di ricerca e innovazione”. Eppure diverse questioni restano sul tavolo: dall’esigenza di deburocratizzare per vincere, ad esempio, la competizione di paesi come Spagna e Francia che hanno reso i processi più agili e semplificati, alla necessità di risolvere questioni annose come quella evidenziata dal vicepresidente di Farmindustria, country president e ad di Novartis, Pasquale Frega: “Il payback va riformato, lo chiediamo da anni, abbiamo difficoltà a spiegare alla casa madre il senso di una tassa occulta che penalizza chi fa innovazione”. Frega ha pure sottolineato che “l’attuale logica di accumulo tra normative sovranazionali, nazionali e regionali, spesso in contraddizione tra loro, alimenta l’incertezza delle regole applicabili e il conflitto stesso tra Authorities rispetto a interventi nel settore sanitario”. E che dire poi del ruolo fondamentale degli operatori della logistica, riuniti in Assoram, l’associazione di categoria presieduta da Pierluigi Petrone: sono loro il vero trait d’union tra produttori e utenti finali; senza di loro, durante i mesi di crisi pandemica le farmacie non sarebbero state puntualmente rifornite. Insomma, dal settore farmaceutico dipende il grado di tutela di un bene insostituibile, la salute. Servono norme semplici e coerenti perché, senza certezza della legge, nessuno sarà disposto a investire in Italia.
Annalisa Chirico