“Buttare il codice e usare quello europeo vorrebbe dire bloccare la macchina operativa”, lo sostiene Gabriele Buia, presidente dell’Ance. “Il codice, prima del decreto Semplificazioni, praticamente recepiva già l’80% delle norme comunitarie. Ma il nostro Paese ha delle specificità, e servono misure ben tarate. Negli ultimi anni abbiamo affrontato una brutta esperienza, dalla sera alla mattina, nel 2016, si è bloccato tutto. Soprattutto perché la pubblica amministrazione non si è dimostrata pronta e in grado di far fronte alle necessità”.
Da tempo Ance si batte per uno snellimento delle procedure autorizzative che bloccano i cantieri: “L’obiettivo vero è scaricare a terra i fondi per le opere, perché rischiamo di non utilizzare i soldi del Recovery Fund. Bisogna far sì che i cantieri aprano. Usiamo l’ultimo decreto, operiamo e basta. Cerchiamo di fare gli appalti e le infrastrutture. Nello stesso tempo possiamo cominciare a riscrivere il Codice perché della filosofia iniziale non è rimasto niente e non è mai veramente applicato del tutto. Abbiamo necessità di norme chiare e snelle. Mettiamoci a un tavolo”, spiega Buia in un’intervista a La Stampa.
Il nodo da sciogliere è a monte: “C’è un problema di troppa deregulation che è legato soprattutto alla norma sulle “negoziate”, perché limitala concorrenza ed è a rischio la trasparenza che per noi devono essere il mantra. Come diciamo da tempo, non sono le procedure di gara che allungano i tempi, ma le problematiche della burocrazia a monte della gara e di una pubblica amministrazione che spesso non si assume le sue responsabilità, è depotenziata”.
Ance è disponibile al dialogo col governo: “Oggi si legge la volontà di portare miglioramenti ma riteniamo che il testo non sia scritto bene e rischi di ingessare le procedure. Sembrerà strano ma in questo modo si “burocratizza” ancora di più. Cercheremo di sottoporre il nostro parere perché ci sia un miglioramento”.