Torniamo seri. A volte, tra tv e social network, si innesca un cortocircuito perverso che fa perdere di vista il senso del reale. Accade in questi giorni in cui il monologo di un rapper sul palco del Concertone del primo maggio finisce per monopolizzare il dibattito pubblico tra partiti di destra, centro e sinistra. Ma davvero la presunta censura del famigerato artista (censurato al punto di aver detto esattamente ciò che voleva in diretta Rai) merita tanta attenzione? Addirittura Enrico Letta e Matteo Salvini hanno ritenuto di doversi rivolgere direttamente a lui, a Fedez, per esaltarlo o per criticarlo, qualcuno gli ha offerto un caffé, qualcun altro lo incorona come nuovo Grillo…e intanto il paese corre da un’altra parte.
Il senso del reale – della vita vera – torna a imporsi con l’immagine di una 22enne sorridente, dai capelli d’oro, che non c’è più. Si chiamava Luana D’Orazio l’operaia morta il 3 maggio mentre lavorava in una fabbrica tessile della provincia di Prato, a Oste di Montemurlo. La giovane, madre di una bambina, è finita intrappolata in un orditoio: il suo corpo è rimasto agganciato nel rullo ed è stato letteralmente inghiottito dal macchinario. A pochi metri c’era un operaio che lavorava a un’altra macchina, di spalle: è stato lui a rendersi conto per primo dell’incidente, ha dato l’allarme ma ormai era troppo tardi. Il corpo di Luana era già sparito. Il macchinario adesso è sotto sequestro e toccherà indagare per capire se si è trattato di un errore umano o di un mancato rispetto delle norme di sicurezza.
A pochi giorni dalla festa dei lavoratori, la politica dovrebbe forse occuparsi di storie come questa in un paese che, secondo i dati Inail dell’ultimo quinquennio, vanta un triste primato: circa 640mila incidenti sul lavoro e oltre 1070 morti ogni anno. E’ possibile che nel 2021 in Italia si muoia ancora in fabbrica? Nessuno dovrebbe morire di lavoro. E ci piacerebbe che a parlarne, sul palco del Primo maggio targato Rai, fossero i protagonisti del mondo del lavoro, quelli che conoscono le problematiche e le urgenze di chi non si accontenta di redditi di cittadinanza ma si mette in gioco ogni giorno. E magari ha soltanto 22 anni, una vita davanti e una figlia che attende il suo rientro a casa.
Annalisa Chirico