“La variante indiana non è nuova”, a spiegarlo è Giovanni Maga, direttore dell’istituto di genetica molecolare del Cnr. “Per la prima volta è stata depositata dal registro che raccoglie i sequenziamenti del Sars-CoV-2 nell’ottobre del 2020. Poi è comparsa altrove ma non rappresenta una preoccupazione. Non sembra possedere le caratteristiche per scalzare i ceppi già circolanti. Anche quello identificato per la prima volta in Amazzonia nelle nostre regioni è rimasto in seconda linea”, spiega Maga in un’intervista al Corriere della Sera.
“Rispetto ai tre nuovi ceppi già comparsi (isolati in Inghilterra, Brasile, Sudafrica) ha una combinazione di cambiamenti nel genoma già presenti singolarmente negli altri e sempre nella stessa proteina, la Spike, fondamentale per il virus. La variante vista in Inghilterra sappiamo che è più contagiosa”, spiega Maga.
La nuova variante sembra essere, quindi, più contagiosa ma non più diffusiva: “Il fatto che l’India sia stata colpita così duramente dall’epidemia non significa che sia per colpa di un agente infettivo diverso”.
La mutazione non preoccupa il direttore anche perché i vaccini funzionano anche contro di essa: “In uno studio in preprint, vale a dire non ancora pubblicato su una rivista scientifica, un gruppo di ricercatori indiani dimostra l’efficacia del vaccino Covaxin, prodotto localmente, contro il nuovo virus. I vaccini utilizzati in Ue e in Italia sono più efficaci del Covaxin quindi dovremmo sentirci tranquilli se la variante avesse il sopravvento”.
Rimane fondamentale il rispetto del distanziamento e l’obbligo di mascherina: “Chi rispetta le regole non si infetta, nessun virus ha strumenti per superare le barriere fisiche. Teniamolo presente in questa fase di riaperture. Erano necessarie e se gestite bene da ognuno di noi potranno andare avanti”.