Continua l’opera di ridimensionamento di Xi Jinping ai danni di Jack Ma, fondatore di Alibaba, l’Amazon cinese. Non sono mancati i segnali in questi mesi, non da ultime le settimane di misteriosa “sparizione” di Ma.
Come racconta il Corriere della Sera, il tutto è cominciato nel 2016 quando la Cina ha ospitato il summit dei leader del G20 e ben tre capi di Stato o di governo hanno deciso di incontrare Jack Ma: il primo ministro canadese Justin Trudeau, il presidente indonesiano Joko Widodo e il presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi. Ciò ha infastidito, e non poco, Xi Jinping, come se qualcuno potesse essere più importante di lui in quell’occasione.
Ancora, a ottobre scorso, l’imprenditore ha criticato il sistema finanziario cinese, accusandolo di essere poco innovativo e di non favorire gli investimenti. Da lì la quotazione in Borsa, da 37 miliardi di dollari, contro Ant, sempre in mano a Jack Ma, è stata bloccata e poco dopo l’agenzia ufficiale Xinhua pubblica un articolo intitolato: “Non parlare senza pensare, non fare quel che ti pare, la gente non può agire sulla base del suo libero arbitrio”. Un implicito riferimento al fondatore di Alibaba, ma anche a tutti gli altri imprenditori che sembrano, a detta del governo, non rispettare i valori e principi del Pcc.
Sono seguiti circa due mesi di rarissime apparizioni in pubblico di Ma e ora arriva l’invito a vendere le sue proprietà nei media: quote rilevanti in Weibo, Bilibili e la proprietà del quotidiano in lingua inglese di Hong Kong, il glorioso South China Morning Post.